Gino Strada prima di Emergency (personale) – di Tiziano Marelli

Adesso che ho quasi del tutto metabolizzato la scomparsa di Gino Strada posso scrivere il ricordo che ho di lui. Ed è diverso da quello di tanti altri perché parte da molto lontano, da ben prima che lui diventasse il personaggio straordinario che tutti abbiamo avuto modo di ammirare e compiangere.

Era l'inizio degli anni 80 e ci conoscemmo quando la mia compagna di allora entrò a far parte dell'equipe del Pronto Soccorso del Policlinico di Milano, un'eccellenza allora universalmente riconosciuta che aveva nella figura di un chirurgo d'assoluta unicità come il professor Vittorio Staudacher un baluardo solidissimo.

Oltre a Gino c'erano altri personaggi incredibili, tutti parte di quella che si può definire buona borghesia milanese. Fra gli altri il fratello della seconda moglie del prefetto di Palermo ucciso dalla mafia, il figlio del più grande poliziotto che Milano ricordi (ancora adesso mio buon amico), il fratello del direttore di un gionale di destra appena passato alla concorrenza sempre dalla stessa parte politica.

In più, la leadership del gruppo era contesa fra Gino e un collega che porta lo stesso cognome del segretario attuale del partito più razzista e anti-solidale del nostro Paese: si vede che era parte del suo karma la contrapposizione con quel tipo di "discedenza", e questo mi fa sorridere.

Gino era personaggio un po' scorbutico e scontroso, ma anche dotato di un umorismo unico che talvolta poteva risultare macabro visto che verteva spesso su episodi del lavoro che facevano tutti loro, ma era impossibile non sorriderne. Ho saputo  solo poi che aveva fatto parte dei katanga dell'Ms, anche se il termine mi è sempre sembrato un retaggio ridicolo fin da allora, visto che anche noi non eravamo da meno sulle strade di Milano, e forse noi due ci siamo incrociati anche lì ben prima: la mia organizzazione e la sua si vedevano come il fumo negli occhi, ma con i caschi addosso era difficile  riconoscere i volti di chi ti stava di fronte.

In ogni caso per lui Emergency era un termine che faceva parte del suo vocabolario da sempre. Lo usava quando c'era un'urgenza in ospedale, e mi ricordo che una volta lo usò anche  a cena a casa nostra. Disse proprio così: "Emergency, emergency! Quando si mangia che ho fame!".

È successo più di una volta di organizzare "cene di reparto" e lui veniva con Teresa, che ricordo donna dolcissima e dal sorriso splendido. Una di quelle sere c'era anche una mia amica che con quel gruppo non c'entrava niente se non per i suoi studi (interrotti) in medicina. In silenzio mi prese da parte e mi disse: "Ma quello è Strada, un picchiatore del Movimento Studentesco!". Fu così che lo venni a sapere, e la cosa incredibile è che la famiglia di quell'amica venne poi coinvolta pesantemente nelle indagini dell'omicidio Sergio Ramelli, e le conseguenze credo le siano poi pesate per sempre. Con lei dopo pochi anni ci perdemmo di vista, ma questa è un'altra storia che è meglio non rivangare tanto mi provoca orrore e dolore.

Passò del tempo e persi di vista anche Gino, ma quando lavoravo alla comunicazione di Fininvest – alla metà degli anni 90 – lo cercai, proponendomi come volontario dell'ufficio stampa di Emergency, che ormai cominciava a diventare un'organizzazione nota. Lo feci, è fin troppo facile capirlo, per compensare una professionalità obbligata con le mie convinzioni politiche personali: un modo scontato per "bilanciare" e – come dire? – acquietare la mia coscienza.

Andai a trovarlo in un locale che il Comune di Milano aveva messo a disposizione di Emergency: erano passati anni, ma mi accolse insieme a Teresa come un fratello. Accettò felice e frequentai quel posto solo per qualche settimana perché scoprii ben presto quanto fosse impossibile conciliare le due situazioni e – mi era appena appena separato – che non potevo vivere di volontariato, quindi dovetti rinunciare a malincuore all'impegno. Glielo dissi, e lui capì benissimo la situazione.

Ricordo comunque che era tutto ancora in fase embrionale, che regnava sovrana una confusione costruttiva e che era chiaro per tutti quelli che vi operavano come sarebbe stato importante il futuro di un impegno così gravoso. La malinconia per non aver continuato quel percorso che chissà dove mi avrebbe portato non mi ha mai abbandonato, ma non poteva essere che così.

Io e lui ci incontrammo ancora qualche volta in occasioni "ufficiali" e Gino fu sempre molto cordiale, come se ci fossimo visti il giorno prima: come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, è questa la cifra che ben testimonia di un legame che il tempo non può interrompere. La notizia della sua scomparsa mi ha procurato un dolore strano che sa di perdita di un pezzo di vita, dell'ineluttabilità di quello che deve accadere. Oltre al suo tanti altri pezzi se ne sono andati ultimamente, ma chi ci pensava mai solo qualche anno fa? Riposa in pace, amico mio: te lo meriti come pochi altri al mondo.