l’ospite inatteso – di Antonio J. Mariani

Sempre piu’ di frequente incontri persone speranzose che l’indomani possa finalmente riservargli il bello e il buono che meritano.

Come se la fortuna, dopo averle trascurate per troppo tempo, si accorgesse – alla buon’ora! – che meritano ben altro di quel grigiore che, sinora, gli è stato riservato.

Loro che si sentono a posto, che hanno fatto sempre tutto per bene, che di pazienza ne han messa talmente in campo che è diventata santa; ora, però, di rimanere lì a bagnomaria senza venir gratificati a dovere, ne hanno piene le tasche.

A dirla tutta, ce l’hanno un po’ su con la fortuna: va bene essere dea bendata, ma, anziché essere così prodiga di favori verso gli altri, dovrebbe scegliere con criterio chi ha le carte in regola.

Per quel che mi riguarda, ho sempre creduto poco alla sorte che distribuisce indiscriminatamente agevolazioni o sfavori; semmai, sono dell’idea che esista quel che io chiamo l’ospite inatteso. Che appunto, arriva dopo che hai preso in esame per filo e per segno quel che sei riuscito a combinare, dopo che ti sei detto “ma qui ho sbagliato come un marturott!”, dopo che sei stato lì a scartabellare tutti i perché, i percome e le inevitabili conseguenze, dopo che, con le mani sulla fronte, hai piano piano cercato un possibile rimedio, dopo che la notte insonne non ti ha portato per nulla consiglio, dopo che guardi il bicchiere mezzo vuoto, che mai diventa mezzo pieno.

Dopo tutto (ma, proprio tutto), inaspettatamente arriva lui: il colpodiculo, che, invariabilmente, ti indica una soluzione, lì a portata di mano, semplice come un sorriso. E hai la conferma che, sperando e basta, non ottimizzi la vita. Come consiglia Murakami: “quando tutto attorno è buio non c'è altro da fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all’oscurità”.