a volte ritornano – di Franco De Anna

Il virus ha rovesciato sulla scuola italiana, oltre l’impegno ad affrontare l’emergenza nel modo migliore possibile, anche un permanente richiamo a “novità in arrivo…” a volte di difficile sopportazione.

Gli esempi sono tanti da non riuscire a mantenere equilibrio. Mi limito qui a qualche esempio che riguarda le “risorse umane” (come si dice oggi). E inevitabilmente, data l’età, pesano le memorie.

Ho ripensato ad antichi compagni di Sindacato scuola (CGIL) che si occupavano dei bidelli e (fine anni ’70) si impegnavano a riscrivere il profilo professionale. Ma scontavano la loro provenienza (allora abbastanza diffusa) di ex operai industriali, fatti fuori dalla selezione padronale. Volevano un profilo ricco e multiforme e onnicomprensivo di mansioni di manutenzione degli ambienti scolastici.

Ricordo due di loro che, in uno storico Istituto Tecnico Industriale di Milano, durante una estate provvidero ai collegamenti elettrici di un nuovo laboratorio a multipostazioni, costruendo una piattaforma di legno sollevata, sotto la quale disposero i cavi elettrici…. Ne andavano fieri come di una loro prestazione professionale essenziale.

Mi son tornati in mente di fronte al problema di mettere le ruote ai banchi. Chissà come avrebbero risolto (sicuramente non con le centinaia di milioni…).

Ma le novità per il personale docente sono altrettanto rimarchevoli: si investe sui giovani. Si potrà fare il docente anche prima di terminare gli studi. Qui la cosa si fa personale. La mia prima supplenza (annuale) fu per l’insegnamento di matematica e scienze in una scuola media (1968/69) e non ero ancora laureato. Non sapevo nulla di pedagogia e di didattica (che ne sa un aspirante biologo? Del resto anche dopo, tutto quello che ho imparato in proposito – ? – è stato con esperienza in corpore vili, scontata dai miei studenti… Una cosa lì la imparai: che non avrei mai fatto il docente in una scuola media, ma solo nella superiore…).

Ma nessuno vendeva tale situazione come promozione dei giovani. Era invece semplicemente l’effetto “per forza maggiore” di una situazione di crescita della scuola di massa e di inadeguatezza dei meccanismi di reclutamento dei docenti. Almeno la seconda causa mi ricorda qualche cosa.

Ma veniamo agli apicali. Si ripropone un reclutamento concorsuale di Dirigenti Tecnici (continuo a preferire “ispettori”). Il collega Maviglia in un intervento al solito puntuale e completo ospitato su Pavonerisorse  fa il punto sulla questione.

Non avrei nulla da aggiungere se non alcune considerazioni che ho già scambiato con interlocutori come associazioni professionali alle quali appartengo o con cui collaboro (Centrostudi AUMIRE, Organizzazione Didattica, Proteo, ANDIS) che si sono poste coinvolgendomi, il problema di organizzare formazione per quel concorso, ancora in fieri.

Provo a riassumere, sempre in chiave autobiografica. Quando partecipai al concorso (anni ’90) mi fu di grande utilità un “manuale” pubblicato dall’UCIIM sulla figura ed il ruolo dell’ispettore (allora non erano ancora “dirigenti” ma erano l’ultimo livello “dell’inquadramento unico” del personale della scuola… eravamo arrivati all’inquadramento unico con i contratti degli anni ‘70). In quel “manuale” la figura dell’ispettore era delineata su tre coordinate.

  • PROMOVERE. L’attività dell’ispettore innanzi tutto è diretta alle condizioni e le problematiche di traduzione, mediazione, sagomatura operativa di definizioni istituzionali (programmi, indicazioni, progetti nazionali) che contribuiscono a dare “unità di sistema” all’intero sistema della istruzione nazionale. Deve dunque innanzi tutto possedere ed esercitare competenze, sensibilità, abilità, condizioni operative richieste da tale funzione
  • CONSULERE. La progettualità e l’attività didattica delle scuole è spesso variamente configurata in relazione a condizioni specifiche e contingenti. Ma la sagomatura e la coerenza tra obiettivi e strumenti, tra mezzi e fini, tra bisogni ed interpretazioni, richiede spesso la necessaria presenza di un “amico critico”. Di un osservatore esterno che consigli, dia consulenza e assistenza, senza “sostituirsi” ai protagonisti, ma fornendo supporto alle loro scelte.
  • INSPICERE. Vie comunque una necessità di controllo in una mega organizzazione come la scuola, che va al di là della mera applicazione “normativa”. Gran parte delle tensioni e delle dinamiche conflittuali all’interno della scuola sono ascrivibili più che a dimensioni “disciplinari”, a dinamiche relazionali. Quando il conflitto si riduce alla dimensione normativo/giuridica è di fatto senza sensata soluzione se non l’allontanamento dei contendenti, pena la sua riproduzione continua.

I fondamenti della psicodinamica della vita organizzativa come competenza essenziale della figura dell’ispettore.

A questi tre ambiti di competenze e “qualità professionali” allora sviluppate in quel manuale sul quale preparai il mio concorso, oggi è necessario aggiungerne un quarto, attualizzato da un processo fondamentale che impegna oggi al scuola italiana e cioè la costruzione di un “Sistema Nazionale di Valutazione”. Mantengo il “vezzo” di quella pubblicazione storica, usando il latino

  • AESTIMARE. In particolare, all’ispettore tocca rielaborare il ruolo il ruolo del “valutatore esterno” nel Sistema Nazionale di Valutazione, che è “inedito storico”. Non solo esterno, ma di interazione sul campo. Oltre le schede, i repertori di indicatori, le tabelle di dati. Osservare e valutare direttamente e in interazione. Una sfida professionale fondamentale caratterizzata dall’esercizio del difficile equilibrio dell’osservatore esterno tra derive e stereotipi, tra collusione e collisioni.

Vorrei qui solo osservare che entro queste quattro coordinate si definisce gran parte del campo della “Ricerca Educativa” (la ricerca che si occupa del “Sistema Educativo”, non quella pedagogica o didattica che pure sono confinanti anche se con margini sovrapposti).

Con lo smontaggio del sistema degli Istituti Regionali, (l’esempio dell’IPPRASE trentino potrebbe meglio di ogni altra considerazione mostrare l’autolesionismo di quella operazione…con tutti i difetti che potevano avere gli IRRSAE/IRRE) il “sistema” della ricerca educativa si è concentrato in due Istituti Nazionali (INDIRE e INVALSI).

Per quanto pregevole sia la loro attività, il problema è la rete di connessione tra essi e i diversi contesti operativi specifici di ciascuna scuola. L’esperienza concreta mostra che non è sufficiente la “disintermediazione digitale”. Quella rete di rapporti operativi (consulenza, promozione, controllo, valutazione) non è sostituibile con la comunicazione standard on line. Ha bisogno di dimensioni idiografiche.

Mi verrebbe da sottolineare che i futuri nuovi ispettori dovrebbero farsi carico di essere i primi esploratori sul campo di tali dimensioni della Ricerca Educativa che abbiamo colpevolmente lasciato ad un modello centralistico e “ministeriale”. Ma forse che ha in mente un “Dirigente di seconda fascia” pensa ad altro.

Mentre si aspetta di guardare da vicino il bando di concorso (ma nei bandi c’è spesso tutto e il suo contrario) mi piacerebbe che tra i tanti che si cimentano nel preparare la formazione per chi vorrà partecipare al concorso, vi fosse un accordo di fondo. Se Associazioni professionali, agenzie formative, Enti e imprese formative, nella loro autorevolezza anche concorrenziale trovassero un “forum” di confronto nel quale convenire su quattro o cinque elementi fondo specifici, forse potrebbero esercitare anche una positiva influenza per orientare un concorso che non può ridursi a definizioni amministrative del ruolo di “dirigente di seconda fascia”.

Ma, a proposito, ciò varrebbe anche per la formazione ai concorsi per tutte le altre figure della scuola, Dirigenti Scolastici in primis…. La perdita della specificità del sistema scolastico può essere un vantaggio per i singoli (inquadrati nella dirigenza) ma spesso è la perdita di una specificità professionale, e ci perde “il sistema”.
Un forum delle associazioni perché la formazione da loro promossa diventi anche una forma di “orientamento” e stimolo della politica dell’istruzione, e non una delle sue (utili) conseguenze.