in morte di Carlo Flamigni
Il professor Carlo Flamigni se ne è andato. Lo conoscevo di fama come battagliero scienziato laico impegnato sul fronte della procreazione assistita, lo conoscevo come intellettuale impegnato sui temi della bioetica. Il suo ultimo libro scitto in collaborazione con il filosofo Maurizio Mori è della fine del 2016 e si intitola Questa è la scienza, bellezze! – (la fecondazione assistita come nuovo modo di costruire le famiglie).
Qualche mese fa, verso i primi di marzo, dopo aver letto e recensito i suoi romanzi di ambientazione romagnola, mi ero messo a cercare un contatto ed ero rimasto colpito da una cosa assolutamente singolare: sulla home page del suo sito compariva uno strano messaggio il cui succo era il seguente: viviamo una brutta stagione che ci costringe a chiuderci in noi stessi; non lo dobbiamo fare, chi ha voglia di scambiare quattro chiacchiere mi telefoni, e seguiva il numero.
Non me la sono sentita di disturbarlo, ma gli ho mandato una mail; mi ha risposto, ci siamo scambiati un po' di informazioni reciproche in termini di storie personali e di interessi; mi ha mandato un po' dei suoi ultimi scritti e siamo andati avanti a scambiarci opinioni da laici impegnati. Ci saremmo visti appena passata la buriana.
Poi un giorno, (era il 20 aprile) in risposta ad una mail in cui gli facevo presente che l'ultimo romanzo giallo (l'ottavo di Primo Casadei) era eccessivamente sbilanciato sul versante ideologico-culturale mi rispose che aveva avuto gli stessi rilievi in sede redazionale e aggiunse che questa è l'ultima lettera che le scrivo, purtroppo ho problemi seri da affrontare.
Pernsai a qualche problema di salute vista l'età e non mi sembrò opportuno insistere in tempi di Covid. Ero preoccupato ma venni rassicurato dal fatto che, sulla sua pagina Facebook, dopo mesi di inattività erano comparsi dei ringraziamenti per richieste di amicizia accettate.
Qualche giorno prima mi aveva scritto: "Spero che potremo chiacchierare un giorno in santa pace, sono certo che abbiamo molte cose in comune. Ho pensato di mandarle i PDF di alcuni libri, non è forse proprio quello che è stato pubblicato, ma le differenze se ricordo sono minime. D'altra parte non so proprio quando riuscirò a uscire di casa, i miei amici medici mi hanno detto che con la mia storia clinica se mi prendo il virus posso contare su una attesa di vita di 49 secondi".
Così sono rimasto con i miei dubbi per questo grande uomo che all'inizio degli anni 2000 girò l'Italia come un forsennato per difendere i diritti delle donne contro la legge 40 voluta dalla parte peggiore dello schieramento politico di centro destra. Girava l'Italia nonostante non fosse più un ragazzino: oggi Roma, domani Torino, dopodomani Ferrara … e intanto teneva un diario di quegli incontri (quello della immagine di apertura). E' un diario bello perché ci sono dentro le emozioni scatenate da quegli incontri, le sue delusioni per il tradimento opportunista di qualche ex allievo (cosa si fa per la carriera).
Sono triste, commosso e laicamente propenso a ricordare e a ricordarlo per un impegno civile esemplare. Giunto alle soglie della vecchiaia ha incominciato a scrivere romanzi sulla sua terra e una fortunata serie di gialli romagnoli (la serie di Primo Casadei) che meritano di essere letti anche solo per la raccolta ben incastonata di proverbi romagnoli. Uno dei coprotagonisti è un anziano romagnolo, soprannominato Proverbio, grande giocatore di maraffone ed enciclopedia della saggezza contadina romagnola (forse era il professore).
In questi mesi ho scritto un po' di recensioni, le commentavamo insieme e le trovate qui:
Carlo Flamigni e la sua Romagna
Carlo Flamigni – Orgoglio e povertà (romanzo storico)
Ama il prossimo tuo (Carlo Flamigni)
Purtroppo non abbiamo potuto incontrarci e nè io nè lui pensiamo che ci saranno altre occasioni dopo la morte. Sul suo sito lo stanno ricordando con una sua poesia dedicata alla morte:
Adesso, che tutto è finito
forse puoi dirmelo.
Adesso, che l’odio
non ha più alcun senso.
Non credi che dovresti spiegarmi
se veramente mi hai scelto
tra tanti,
e allora voglio sapere perché
o se questa è la prassi
il protocollo?
Era così semplice
seguire lo schema di sempre,
se esiste uno schema.
Quello che tu e i tuoi padroni
– così si dice –
chiamate protocollo:
un tocco lieve sulla spalla,
un sussurro
“la strada finisce qui”.
Che avrei potuto dire?
Me, come gli altri…
Invece, devi avermi visto
quando sono uscito di casa
se mi hai scelto
“mi hai scelto?”.
Deve essere stato allora,
ricordo
che ascoltavo la voce di mia moglie
che cantava.
Mia moglie canta sempre quando lavora,
e guardavo il tramonto.
Che male c’è, a guardare il tramonto?
Guardavo
scomparire lentamente gli alberi:
la luce e il buio
che si rincorrevano…
certo, non volevo rientrare
non subito almeno.
Era così calda la voce di mia moglie
così familiare il tramonto…
ed ero così contento di essere vivo.
Poi, quando lei ha smesso
ho pensato – strano – ho pensato:
“Lei non fa mai così,
lei smette solo quando mi sente rientrare…”.
E’ stato allora che ho capito,
e quando mi sono girato
ero già livido di rabbia,
perchè sapevo.
Non c’era nessuna casa dietro di me
nessuna donna che cantava
nessun tramonto;
solo buio.
E poi c’eri tu
che mi guardavi senza compassione,
se solo sapessi quanto ti ho odiato…
Adesso
che tutto è finito.
Oggi
che non c’è più ragione per l’odio.
Oggi, forse me lo dirai
– perché non mi piace venire con te –
senza avere almeno una certezza:
è forse questo il protocollo?