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la “coscienza enorme” (Marx) – di Giovanni Cominelli — 14 commenti

  1. L’articolo di Giovanni Maria Cominelli sulla ‘coscienza enorme’ marxiana, solleva a mio avviso parecchie domande e, confesso, mi lascia molto perplesso. Posso essere d’accordo su singoli punti del suo discorso, ma ho riserve profonde su un nodo fondamentale. Dice più o meno Giovanni: La sinistra dovrebbe recuperare ‘l’asse della coscienza enorme’, e questo vuol dire: "educazione, sapere scientifico, innovazione tecnologica, sviluppo umano".
    Educazione, in senso generico, vuol dire tutto e niente. Idem ‘sviluppo umano’. Invece ‘sapere scientifico’ e ’innovazione tecnologica’ sono termini precisi. Doverosa premessa. Giovanni è troppo esperto, colto ed accorto, per lasciarsi fottere da un inesperto di filosofia come me. Dunque immagino che il passo che citerò sia viziato dalla brevitas del taglio pamphlettistico-giornalistico del ‘pezzo’. Quella che discuto è forse solo la ‘lettera’. Mi scuso in anticipo.
    Il paragrafo cruciale del post di Giovanni, è, a mio avviso, il seguente: “Marx forse non è stato un buon politico, ma certo un eccezionale profeta e visionario. Secondo Romano Màdera, quella di Marx fu “una perfetta diagnosi, una mediocre prognosi e una terapia inconsistente”, egli aveva già predetto nei Grundrisse l’avvento di una “coscienza enorme”, di un “Grosses Bewusstsein”, generato dall’applicazione, dall’ingresso della scienza/tecnologia nella produzione.
    Il comunismo nutriva l’ambizione di istituire un nuovo modo di produzione, sostituendosi alla borghesia capitalistica, per generare la coscienza enorme e provocare un salto nella civilizzazione umana. Come si è visto, la statalizzazione integrale delle forze produttive – cioè la statalizzazione dell’uomo – ha bloccato lo sviluppo della coscienza enorme. Ci ha pensato il capitalismo a promuoverla."
    Quello che non mi persuade affatto, è che la Grosse coscienza sia generabile, apparentemente in modo necessario, “dall’ingresso e applicazione della scienza/tecnologia nella produzione”. E che a promuoverla, la coscienza, “ci abbia pensato il capitalismo’.
    BALLE. Questo mi sembra un abbaglio colossale, pura idolatria della ’scienza’. (Parentesi personale: sarà forse che io mi sto ancora arrovellando sulla “unreasonable effectiveness of mathematics in the natural sciences”…). Ho la sensazione che la “coscienza enorme” di cui parla Marx sia qualcosa di molto più grande, appunto, e complesso; e soprattutto legato 1) al dualismo sociale fondamentale: “modo di produzione vs. sviluppo delle forze produttive “, 2) al concetto cruciale di “feticismo”.
    Sono andato a riprendere il libro di Madera: Sconfitta e utopia. Identità e feticismo tra Marx e Nietzsche (Mimesis, 2018). Incapace di trovare le parole giuste, rubo quelle di un recensore, che mi pare di poter condividere:
    Al centro della proposta marxiana Màdera scorge il tentativo di educare alla formazione di una “coscienza enorme” che sia consapevole dell’interdipendenza di tutto da tutti e di ciascuno da tutto, e che diventi per questo capace di denaturalizzare i fenomeni sociali avvertiti come inevitabili e validi in sé, siano essi il capitalismo, la famiglia, la morale o i rapporti di produzione, perché “il capitale fabbrica, tra gli altri suoi prodotti, anche il prodotto umano”, con la formidabile capacità di “rendere perfettamente omogeneo a se stesso ogni preteso avversario”.
    La questione è dunque la produzione sociale, di merci e di identità, “senza coscienza e senza controllo, le qualità assenti che costituiscono il Feticcio-Golem, automa collettivo guidato da una sistematica del caos”.
    Parole sante (anche il Golem!), che andrebbero meditate da qualcuno più tosto e colto di me. Alla domanda : che cosa ha prodotto il trionfo del neo-capitalismo globale? IMHO: il trionfo del feticismo. Lo vediamo ogni giorno, nella vita e sui media. Se si oblitera il nodo dei rapporti sociali di produzione, si prendono lucciole per lanterne, si travisa Marx.
    Madera non rinuncia a una visione complessiva e anti-capitalista. Propone di integrare l’analisi marxiana con parecchio Freud (bene!) e con Nietzsche (e qui, mio modesto timore, sarei molto più cauto…).
    Ciò detto, mi rendo benissimo conto della situazione reale e condividerei anche il realismo gradualista ma fermo, di chi provasse a proporre e implementare poche riforme decisive (alla Renzi- Cominelli?). Per vedere l’effetto che farebbe, chissà. Ma senza compromettere la visione di fondo con idolatrie scientifico-tecnologiche… e l’illusione tragica del liberismo ‘de sinistra’….
     

  2. La citazione su Marx che Cominelli riprende da Romano Màdera “una perfetta diagnosi, una mediocre prognosi e una terapia inconsistente” mi ha invogliato a saperne di più.
    Ho letto un po’ di cose in rete ma soprattutto ho trovato questa bella intervista che dura circa un’ora al festival della politica del 2018 (fondazione Pellicani) in cui Romano Màdera fa un po’ il punto sulle diverse questioni.
    La sua tesi è che l’analisi economica di Marx in realtà non preveda il superamento del capitalismo, ma che in realtà Marx lo speri ed è in queste riflessioni che emerge il tema ripreso da Cominelli della coscienza enorme.
    Una coscienza che si farà strada pian piano attraverso lo sviluppo della scienza, della tecnologia e dei processi di internazionalizzazione. Saranno queste cose a determinare il superamento del feticismo che impedisce alla umanità di comprendere.
    Lo stupore di Marx che, quasi alla fine della sua vita, scopre la possibilità di trasportare a distanza l’energia elettrica e ne resta estasiato mi fa pensare a quanto il nostro compito di oggi debba consistere nel riflettere sui cambiamenti della tecnologia e sulle implicazioni che esse danno agli stili di vita, sulle trasformazioni che determinano anche nelle piccole cose. Di questi tempi la tecnologia fa in tre mesi i cambiamenti che ai tempi di Marx si facevano in 30 anni. E dunque io penso che dobbiamo guardare avanti e non alle incompiute di Marx.
    Per quelli della mia generazione preciso che l’allora giovanissimo Màdera, insieme a Giovanni Arrighi, fu il fondatore del gruppo Gramsci. Do you remenber?
    https://m.youtube.com/watch?v=pmzeZ7nEkTg

  3. Sono profondamente e amaramente d’accordo con Cominelli. Bisognerebbe ridefinire il concetto dell’essere di sinistra, quali valori recuperare dalla sua tradizione, quali, anacronistici, abbandonare e quali, nuovi, individuare. Un grande lavoro attende le prossime generazioni, ma un piccolo contributo possiamo darlo ancora, finché la lucidità mentale ce lo permette. Grandi architetti non se ne vedono al momento che possano progettare una nuova visione del mondo, ma in questa desolante distesa di macerie si può, mattone su mattone iniziare ad edificare qualcosa. Discutiamo, confrontiamoci senza la pretesa di avere la ricetta in tasca. Umiltà e fantasia. Scrolliamoci da dosso le vecchie ideologie e recuperiamo al confronto questi giovani che mi sembrano abbandonati a se stessi e la colpa è anche nostra che li abbiamo obbligati a sognare i nostri stessi sogni senza capire che il mondo era cambiato. Facciamo un mea culpa e aiutiamoli a riprendere in mano il loro avvenire. Confrontiamoci, io ci sono.

  4. Si anche io trovo molto interessante l'intervento di Giovanni che in effetti può permettere di affrontare la melassa politica attuale (che come dice Guido è di una tristezza infinita). Il problema però è dove e come sviluppare in modo efficace un tale dibattito

  5. Molto interessante…si sente da tempo la mancanza di un confronto , di un dibattito alto, su principi e valori,su utopie financo sogni…si è passati dall epoca del confronto scontro ideologico a tutto campo, a un campo di macerie, senza un fondamento culturale ma anche senza nessuna passione….sarà l età ma mi sembra molto triste

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