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1968 la prima occupazione del Molinari – di Alvaro Ricotti — 6 commenti

  1. caro Alvaro,
     
    quanti ricordi…
    sono anch'io un molinarino, diplomato ne 1972, poi laureato in chimica e farmacia.
    sono passati molti anni, ma lo spirito è il medesimo. hasta la victoria siempre

  2. Aggiungo qualche nota di ironico colore sulla serata-nottata di esordio… Dopo mezzanotte, in una nebbia fittissima, ci portammo con le nostre cinquecento vicino alla scuola.
    Poi sempre lungo i pochi muri fino all’ingresso studenti. Il piano era pronto. Ci eravamo procurati la chiave d’ingresso con una abile manovra distraendo il bidello all’ingresso, il mitico scivolo, omosessuale dichiarato. Pronti via: Pier dai aprinon vadai cazzo aprinon va… abbiamo sbagliato chiave…che cazzo facciamo….giriamo intorno alla scuola e troviamo una finestra aperta nel seminterrato
    E’ fatta. Scivoliamo dentro. La presa del palazzo d inverno, e che inverno, è fatta.

  3. Grazie Alvaro per la ricostruzione, alcuni passaggi non li ricordavo, ne ricordo altri, ma faccio fatica a collocarli nel tempo, tante furono le assemblee, le riunioni diciamo le imprese che seguirono quella folle occupazione.
    Un' impresa che poteva farsi solo in quell'anno, l'anno topico delle rivolte studentesche, che lanciò la nostra scuola, forse la prima tra gli ITIS, al vertice delle lotte. Si perché, dopo la famosa storia del Parini, erano i licei sulle prime pagine, erano i leader di quelle scuole a dettare tempi e contenuti delle lotte e ricordo che noi, piccola borghesia in tutti i sensi, ne soffrivamo.
    Ricordo una mia visita al Berchet, forse per un incontro di coordinamento: appena entrato nella scuola percepii un senso di inferiorità, quei muri, quei banchi non so l'aria che si respirava, mi sentii fuori posto.
    Abituato alla moderna, prefabbricato tipico degli anni settanta, struttura del Molinari, ai laboratori e alle officine della mia scuola, insomma ero l'operaio, l'operaio del movimento che andava a incontrare i vertici, i veri intellettuali che maneggiavano linguaggi e teoria del marxismo e dei suoi derivati che noi cominciavano a masticare con molta curiosità e presunzione ma poca dimestichezza.
    È un aspetto che si riprodurrà anche in altri momenti e contesti. Ricordo la venuta di Capanna al vicino settimo itis, noi non avevamo bisogno di lui…, bardato di mantello e megafono, ascoltato e osannato da quegli studenti, che, al contrario di noi, non erano riusciti a prendere in mano le sorti della loro lotta.
    Tornerò magari sul seguito di quel 68, il '69 che segnò per molti di noi l avvicinamento alla politica vera, ai gruppi e in particolare ad AO. Per altri, con la maturità la chiusura di una esperienza comunque importante.
    Concludo con una piccola memoria personale, che da però una parte del senso di quelle ribellioni….Sistemate le cose per l'assemblea del mattino, giornali alle finestre per non farsi riconoscere dalle esterno, le trombe per informare gli studenti che trovavano la scuola occupata, c'è ne andammo a dormire…. Io scelsi di proposito la sala insegnanti, mi accomodai sul lungo e duro tavolone che la occupava mentre il pendolo scandiva i minuti potevo essere soddisfatto… Il potere era passato nelle nostre mani.
     
     

  4. L'articolo di Alvaro me lo sono letto e riletto mentre predisponevo la impaginazione e mi ha fatto saltare fuori qualche osservazione:
    —–
    1) come sono uguali, nella loro diversità, questi ricordi: alcuni amici legati da una forte solidarietà, la voglia di fare e di dimostrare agli adulti che ci sono cose importanti di cui loro non si occupano, il bisogno di stare insieme rompendo i ritmi, le abitudini e gli orari della scuola
    2) c'è un mondo degli adulti che fatica a capire il bisogno di fare da sè
    3) la assoluta mancanza di elementi di natura politico-ideologica che compariranno negli anni successivi
    4) il bisogno di esternare la dimensione sentimentale frenato dalle convenzioni morali
    5) il problema dei genitori che non capiscono e si preoccupano e magari ti portano a casa prendendoti per un orecchio – beati quelli che non hanno il problema
    6) le strade molto diverse che i protagoinisti citati hanno preso nella vita sia sul piano politico sia sul piano professionale
    —–
    Insomma vale la pena di raccontare e raccontarsi

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