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Big Science, Big Data: fantascienza e Medio Evo convivono — 10 commenti

  1. Caro Ricotta non condivido la sua visione che la teoria comandi la sperimentazione. Proprio aver partecipato a quest'ultima conferenza mi dà conferma di una relazione molto più complessa.
    Addirittura siamo arrivati al punto che le scoperte nel campo della fotonica suggeriscono dispositivi di osservazione e misura che offrono agli sperimentatotri la possibilità di studiare fenomeni forse appena immaginati sul piano teorico.
    E' comunque una discussione sterile se debba prevalere la teoria o la sperimentazione, ciascuno di noi resterà della proprioa opinione. Analogamente sulla necessità dei big data: non è la limitatezza della formulazione teorica che induce a raccogliere sempre più dati. In astrofisica è proprio la dimensione del problema (la dimensione del cosmo) che impone i big data.
    AL CERN è la quantità enorme di particelle le più varie che mergono in una collisione che genera big data. Il criterio per distingure ciò che è importante da ciò che non lo è invece sono talmente chiari che sono stati sviluppati algoritmi per permettere l'analisi dei big data in tempi accettabili.
    Infine sulla questione dello sfruttamento del lavoro infantile, desidero correggermi: non si tratta di Katmandu (Nepal) ma di Karachi (Pakistan). 
    Che una giovanotta si consideri una paria perchè non ha la macchina o l'ultimo modello di smartphone è indice del disastro. Anche la figlia di un mio caro amico qualificava la loro come una famiglia di pezzenti in quanto privi di televisione. Ma era una bambina. Ora se un laureato o una laureata magari con uno o due master si considera un pezzente, ebbene ha una maturità di coscienza pari a quella di un bambino viziato. Il mio richiamo ai reietti della terra (un tempo venivano chiamati i dannati della terra) è un invito a guardare le cose con la giusta prospettiva e metterle secondo un giusto ordine di dimensioni, grandezza, drammaticità. Sono pronto a parlare di ciò con qualunque giovane precario o disoccupato.
    Equivale a un sano sberlone per tornare con i piedi per terra. 

  2. Gentile Daniele Marini, ho letto il suo scritto Big Science, Big Data: fantascienza e medio evo convivono che mi è parso interessante, ma non privo di aspetti problematici che rimangono aperti.
    Mi sono permesso di cercare di metterli a fuoco usando il modello dialogico cui sono aduso. Ovviamente sono io che dialogo con il Tonto e non è lei… Potrebbe essere un ponte per un colloquio…
    Fantascienze e medioevi. Su un articolo di Daniele Marini DIALOGANDO CON IL TONTO (6)
    di Giulio Toffoli
    1. Big data? Ma si tratta poi davvero di Big Science …
    “Hai letto l’articolo che ti ho inviato di Daniele Marini, Big Scienza, Big Data … qualche giorno fa?
    Mi era parso degno di un momento di attenzione e perciò l’ho sottoposto alla tua considerazione”.
    Quando il Tonto mi invia qualche cosa vuol dire che ben presto mi sottoporrà ad una specie di esame, per cui leggo e mi preparo senza perdere tempo, visto che è un critico esigente e stimolante.
    “Sì, l’ho letto e ti devo dire che ci sono aspetti che mi interessano e meritano di essere discussi, anche se mi è parso di notare uno spirito di fondo di tipo scientista positivista rivisto in salsa XXI secolo, e poi una serie di passaggi fra le diverse realtà dell’universo del sociale e del sapere che non mi sono parse sempre adeguatamente messe a fuoco nei loro nessi dialettici. In ogni caso da dove vuoi che partiamo …
    visto che certamente hai già una pista pronta da propormi?”.
    “Mi sembra – inizia a dire il Tonto – che già la prima affermazione è degna di una sottolineatura da un duplice punto di vista. In primis l’idea di una crisi di quella crescita accelerata delle tecnologie che forse non ci voleva Nostradamus per prevederla, visto che perfino un profano andando in un negozio di informatica si rende conto che l’euforia di qualche anno fa risulta di molto sfumata. Nonostante cotillon e paillettes c’è ben poco di nuovo in giro.
    Dall’altro l’affermazione che si sarebbe stabilita una distanza abissale fra una specie di casta di puri spiriti del sapere e l’universo mondo che li circonda”.
    “Avevo notato – gli dico – che questa impostazione così imperativa poteva far sorgere qualche dubbio, anche se molto viene spiegato, o per lo meno si cerca di spiegarlo nelle righe successive …”.
    “Sarà anche, ma mi stride quella scelta di distinguere fra un universo della Fantascienza e uno del Medioevo così segnati come alterità. Infatti, come cercherò di farti notare, mi sembra che proprio l’uso di queste immagini così connotate storicamente corre il rischio di indurci a commettere errori ben più gravi di quelli che l’uso di una terminologia più ponderata forse ci porterebbe a fare”.
    “Va bene e allora andiamo al sodo …”
    “La prima affermazione che davvero mi ha colpito è quella che distingue fra una presunta scienza di base “con il solo scopo la crescita della conoscenza” e la successiva affermazione che per realizzare tali voli pindarici sono necessarie “quantità di tecnologie … e strumenti che hanno un enorme valore commerciale … producendo la nascita continua di nuove imprese estremamente avanzate”. Sarà che sono ingenuo, ma dove gira il capitale parlare di ricerca pura mi sembra sempre improprio. Ce lo insegna l’intera storia dello sviluppo delle scienze nel XX secolo e delle relative tecnologie. Se si escludono pochissimi casi di scienziati degni eredi dei grandi spiriti del rinascimento, tutti gli altri hanno sempre pensato alla tasca. Mi pare di intravvedere in questa affermazione uno spirito idealistico che ben poco si rapporta con la realtà dei fatti, con una scienza che è indirizzata verso ciò che è utile e può generare profitto. L’idea che ci sta dietro è quella della neutralità della scienza, del suo essere super partes, che nel caso della nuova scienza mi pare sia negata fin dalle sue origini. Il peccato originale della scienza baconiano galileiana, ed anche nel contempo, bisogna pur riconoscerlo, la sua forza euristica, è di trovare una sua ragione d’essere nella visione di una universale fruibilità della natura sottoposta alla logica allora dello sfruttamento per realizzare un miglioramento delle condizioni di vita umane; e oggi, molto più mestamente, per accrescere a dismisura il profitto da parte di coloro che giocano la grande partita del finanziamento delle ricerche, privati o stati che siano”.
     
    2.  Speculazione scientifica pura e nell’ombra i vari dottor Stranamore
    “Convengo con te Tonto – mi sento costretto a dirgli – ma mi pare che si debba pur riconoscere che anche in questo quadro possono benissimo esistere dei settori che per alcune loro caratteristiche non si adeguano in modo palmare a una semplice logica del mercato e del profitto. Forse alcuni settori del sapere umanistico che sopravvivono ai margini dell’ideologico quotidiano dominante ed anche qualche settore della speculazione scientifica pura, come quella astrofisica che proprio per la peculiarità dei suoi terreni di indagine si astrae da una fruibilità pratica immediata”.
    “Ti darei volentieri ragione se non fosse che proprio la storia della scienza del XX secolo in ogni suo momento corre il rischio di mettere in mora la tua affermazione. Dall’inizio del secolo in poi è andata in scena una spasmodica ricerca delle modalità per inviare nel cielo proiettili sempre più grandi e poi missili sempre più sofisticati, per giungere con il 1944-45 ad una vera e propria tormentosa gara fra statunitensi e sovietici per accaparrarsi gli scienziati tedeschi che in questo settore erano particolarmente avanti. La seconda metà del secolo è stata caratterizzata da una gara per la conquista del cielo, ma è sul finire del secolo che si è avanzato un nuovo spettro, quello delle Star Wars. Lascia stare i film, ma nelle secrete stanze chi ci garantisce che teste matte alla dottor Stranamore non continuino a coltivare i loro pallini. E non dimentichiamo come si è conclusa la seconda guerra mondiale, con la sperimentazione in corpore vili della bomba atomica quando non era proprio necessaria. Oggi è ampiamente riconosciuto che l’atomica fu usata all’interno della nuova strategia della “guerra fredda”, che veniva implementata ancora prima che Hitler fosse sconfitto. Ecco perché questo idealismo scientifico non mi può convincere”.
    “Marini porta un esempio della evoluzione del sapere scientifico in questa particolare situazione, oggi affermando che si va verso una forte discontinuità nella crescita … Anche questo non ti convince?”
    3.  Progresso tecnologico rettilineo e Medioevo
    “I tre esempi che porta sono abbastanza chiari. Forse le conclusioni che tira non sono del tutto convincenti. Vediamo perché …
    Come si diceva all’inizio, l’idea di una crescita rettilinea esponenziale senza soluzione di continuità delle tecnologie dell’informatica era un classico esempio dell’ottimismo scientista positivistico borghese. Non credo ci volesse la legge di Moore, bastava un poco di buon senso per capire che processi di miniaturizzazione sono destinati prima o poi a scontrarsi con qualche muro o, ma qui si entra nel paradosso, giungere a un tale livello da scomparire nel nulla o alle sue porte. Certo ci potranno essere nuove scoperte, ma oggi si tratta nella maggior parte di casi di applicazioni di ciò che già si conosce.
    Piuttosto, ben più significativo appare il discorso della velocità di crescita dei dati archiviati. Tera-Byte (TB), Peta-Byte (PB), milioni e miliardi di dati che vengono giorno dopo giorno raccolti e archiviati. Insomma, quantità che superano ogni umana capacità di comprensione. Attenzione, è qui però che la contrapposizione fra Fantascienza e Medioevo proposta dall’autore inizia a far acqua. Infatti, nel bene come nel male, oggi siamo tutti partecipi di una realtà che ci schiaccia, che ci trasforma in dati, ci amministra all’interno di logiche che ben poco spazio lasciano alla libertà dell’individuo. Che si tratti di Google, di Amazon, Facebook e altre infinite diavolerie del genere o di un programma come Digital Sky Survey, siamo tutti partecipi di una realtà moderna che ci analizza, ci usa, ci trasforma.
    Non esiste più il Medioevo in nessuna parte del mondo. Si tratta di una concezione passatista e forse perfino un poco reazionaria. E non siamo neppure nella fantascienza. Più semplicemente, siamo tutti parte del mondo delle merci che ci avvolgono e ci condizionano, quale che sia la nostra realtà nella gerarchia sociale, castale o nella collocazione spaziale. Insomma, oggi siamo tutti coinvolti, certo ciascuno con le proprie caratteristiche intellettuali, sociali e umane, in un gioco complesso dove non è più possibile nascondersi dietro l’alibi di Einstein che, dopo aver caldeggiato l’uso della bomba atomica, si accorse di essersi reso corresponsabile dell’intero genocidio delle popolazioni di due inermi città … avendo fornito un bell’alibi a un mediocre presidente statunitense che così affermava la sua volontà di potenza”. 
    4. Convegni scientifici spettacolari e miliardi di dollari investiti in pura ricerca?
     “Certo – lo incalzo – mi ha colpito, dal mio punto di vista di profano, la descrizione di un convegno scientifico con quasi 3000 individui impegnati in un tour de force di quasi una settimana. Una tale forza umana mi fa pensare più a una tifoseria di una qualche gara sportiva internazionale o a una qualche fiera piuttosto che a un compito simposio scientifico. Pensa che babele di gente. Mi sono venute in mente alcune immagini un poco tristi come quella dei congressi dei partiti storici, dove un a platea di bonzi stava ad ascoltare semi appisolata e tutto era gestito dietro le quinte; o, ma poi a pensarci bene è quasi la stessa cosa, a un concerto di quelli che piacciono ai giovani, dove si attende pazientemente che suonino le band di contorno in attesa della star. Ma forse fra scienziati non dovrebbe essere così …  O anche lì gadget, selfie e roba del genere?”
    “In ogni caso – una volta tanto il Tonto mi appare più indulgente – sembra che siano stati trattati anche temi interessanti. Ma nota che anche qui Marini sembra essere affascinato più dagli aspetti esteriori dell’attività di ricerca e ci indica come segno del successo le dimensioni sempre più monumentali dei nuovi centri di ricerca che verranno implementati, vere proprie cattedrali della società borghese, e i miliardi di dollari impegnati nei diversi investimenti.
    Si ricade così nella contraddizione che avevamo già notato. Quei miliardi vengono dal cielo? Ci viene assicurato che tutto è aperto, che tutto è libero. Una specie di ode a Karl Popper e alla sua società aperta. Ma chi ci garantisce che le cose siano così e che non ci sia chi fa delle scelte, stabilisce dei contratti d’uso, mette le mani avanti … Non so, ma l’idea di miliardi che finiscono come noccioline nelle mani della pura ricerca mi puzza di bruciato.
    Però sai che sono diffidente … fra gli apostoli ce n’è uno solo che mi è sempre stato simpatico, quel povero Tommaso che voleva mettere il dito nel costato del Cristo e come volevasi dimostrare non c’è riuscito. Uno scettico, paleo-empirista destinato a fallire …
    Ma proviamo ad accettare per un momento che, vista la peculiarità del settore, ci sia una tale forma di cieca filantropia da mantenere migliaia di fisici, astronomi e altre figure finitime per una settimana a congresso e poi per anni a disquisire sulle caratteristiche delle emissioni di radiazioni elettromagnetiche….  è quello che vien detto dopo che davvero mi ha fatto sobbalzare …”.
    5. Mente umana e Intelligenza artificiale
    “Cosa ci sarebbe di tanto esplosivo … Fammi guardare. L’autore sta parlando della raccolta dei dati, la mostruosa quantità di dati che si vanno ammassando, e aggiunge:
    Per esaminare queste immagini e trovare informazioni utili si stanno studiando nuovi algoritmi, basati sulla intelligenza artificiale. – e poi ancora – Siamo vicini al … momento in cui la crescita del volume di dati esploderà. E la mente umana non è pronta e non lo sarà mai. Solo potenti metodi di calcolo potranno analizzare e interpretare questi dati”.
    “Pensaci un attimo – mi ferma con voce acuta – questa è una esplicita dichiarazione di impotenza della mente umana che demanda le sue funzioni ad una “intelligenza artificiale”. Insomma, non siamo e non saremo mai, notalo, in grado di analizzare quei dati che andiamo raccogliendo ma saremmo, si presume, in grado di creare strutture cognitive che faranno ciò che noi non abbiamo la capacità di fare. Ti rendi conto del paradosso? Demandiamo alla macchina quella funzione creativa che non ci è più data, schiacciati come siamo da fiumi di dati. Si presuppone insomma che la mente umana abbia la capacità di generare una intelligenza superiore alla nostra che ci supplisca e ci sostituisca in uno sforzo di onniscienza che non ci è dato”.
    “Però – interloquisco cercando di smorzare la sua enfasi – non mi negherai che le domande che vengono poste sono degne di attenzione: la natura della materia, la storia del cosmo, il problema della possibile esistenza di altre forme di vita in giro per quella strana cosa che è l’universo”.
    Lo vedo che mi guarda di sottecchi, per niente soddisfatto della mia risposta; allora decido di prenderlo in contropiede:
    “Una Fanta on the rock …”
    6. Futurismi e deliri d’onnipotenza
     “Vada per la Fanta – mi dice con una nota lievemente disgustata nella voce – Ma non venirmi a dire che sono cose nuove. Mi capitò qualche anno fa di leggere Il nostro ambiente cosmico, dell’astronomo di Sua Maestà Britannica Martin Rees; lo iniziai con grande speranze; poi, quando mi accorsi che sembrava prendere sul serio 2001 Odissea nello spazio e ipotizzava basi umane sulla Luna, su Marte, nello spazio che, affermava, non potranno essere spazzate via da disastri planetari, ho preso il volume e l’ho gettato nel sacco riciclo carta. Non aveva avuto neppure abbastanza fantasia da valorizzare il risvolto metafisico della conclusione del film di Kubrik.
    No, quelli che mi parlano di miliardi di anni, di milioni di anni luce che separano le infinite galassie dell’universo mi divertono, possono fin affascinarmi, ma nulla più. Non si tratta come vorrebbe Marini di una narrazione di futuro grandiosa, ma piuttosto di un delirio di onnipotenza destinato con grande probabilità a concludersi con una matura presa d’atto che le nostre potenzialità conoscitive e biologiche sono certo grandi, molto grandi, ma non infinite. L’onniscienza non è un attributo divino, ma neppure umano. La falsità dell’assunto dell’autore sta proprio nel parallelo che propone. Al di là della scelta che sa di macabro, di olocausto … quella di Colombo non fu per nulla una spinta esplorativa determinata da un desiderio di sondare qualche cosa di sconosciuto ma un calcolo basato su un interesse materiale ben concreto: giungere al mitico Cataio e appropriarsi delle sue ricchezze facendola in barba a portoghesi e a chiunque altro. Colombo era un individualista, un greve materialista, un avventuriero, un cinico spietato come tutti quelli che lo avevano preceduto e soprattutto quelli che lo seguirono. Nulla a che fare con lo scienziato puro, cosmopolita perduto nel sogno di grandeur cosmica e che poi deve fare i conti, pure lui, con coloro che detengono i cordoni della borsa … Sarei fin portato a credere che perfino questo scienziato-scienziato deve poi confrontarsi con la prosaica realtà del prezzo del latte”.
    “Insomma Tonto, come al solito sei ipercritico – mi permetto di fargli notare – Neppure la Fanta ha fermato i tuoi spiriti bollenti”.
    “Beh, la Fanta è finita da un pezzo ed è proprio il finale che più mi stupisce per questa contrapposizione meccanica fra una specie di mondo di beoti assillati da paure e dalla quotidiana necessità imposta dai bisogni materiali e questa specie di fiaba disneyana della corsa verso il sogno scientifico … Ma poi – diciamocelo tra noi – il sogno di che? Anche avendo compreso il senso del tutto, è pensabile che quando questa galassia si disintegrerà fra 5 miliardi di anni possa restare qualche cosa del progetto umano? Non è che, troppo orgogliosi dei successi ottenuti, siamo ottenebrati da una hybris devastante?”
    “Seguendo questa tua linea – aggiungo – mi sembra davvero almeno ingenuo parlare di “perdita di senso del mondo occidentale” o disperarsi per “i giovani che non partecipano degli ideali di scoperta, che cercano di definire la propria identità confrontandosi con altri giovani e cercando principi da condividere, non hanno trovato risposte nel modello di vita dell’occidente sviluppato, ormai preda, non solo di ideologie, ma di pratiche concrete iperliberiste e ipermercantiliste”. In fondo non c’è da strapparsi le vesti, quello che Marini depreca è proprio il prodotto più vero del sapere dell’Occidente: l’uso del sapere al fine di esaltare l’individualismo, l’egoismo, il narcisismo, la meritocrazia, il successo sempre e ad ogni costo. E non ci si dica che il mondo della scienza è esente da queste tare; la storia della scoperta del DNA con i suoi veleni è lì a monito imperituro… Ancor di più e ben peggio ha combinato la scienza trasformata in ideologia, quando è stata il puntello per le peggiori violenze del XX secolo, come per esempio per l’affermazione delle basi biologiche della teoria della razza. E sul resto val tacere …”.
    “Sì, per concludere, almeno su una cosa possiamo convenire senza difficoltà con Marini: che l’ignoranza non è mai servita a nulla. Ma una conoscenza che non si confronti con la realtà, che viva appartata nelle sue torri d’avorio serve a qualche cosa? O abdica alla sua funzione principale che dovrebbe essere non solo di scrutare la volta del cielo, ma anche le viscere della società, perché è lì che oggi è imprescindibile volgere il nostro sguardo. Nessuno può distogliere la vista da quella realtà, pena la negazione della sua primaria condizione di essere umano. Non abbiamo bisogno di gnomi sapienti, ma di soggetti capaci di guardare con altrettanta perspicacia in ogni ambito del sapere.
    Pensandoci bene, se ha ragione Pietro Redondi ciò che fece dannare Galileo e su cui lui giocò la sua partita non era tanto la posizione della terra nel cosmo, ma il problema della struttura della materia, dell’atomismo che metteva in discussione uno dei pilastri del potere ideologico e religioso della chiesa: il mistero della transustanziazione. Che sia più o meno esatta la ricostruzione proposta è questione secondaria, ma che in gioco ci fosse non tanto un problema concettuale che interessava poche teste pensanti quanto piuttosto una delle superstizioni più profonde che governavano la vita dell’umanità è invece cosa di grande momento. Galileo nella sua meditazione di “Filosofo, astronomo e matematico di corte”, non ha mai perso di vista la dialettica fra i due Libri, quello della natura e quello della vita umana, e qui sta probabilmente la causa profonda della sua sconfitta, ma anche il motivo della sua grandezza”.     
     

     

  3. Non ho detto che l'attività sperimentale sia inutile, ci mancherebbe! Almeno dai tempi di Galileo essa è divenuta il carattere distintivo della scienza. E poi io sono stato uno sperimentale per tutta la mia carriera! Ho detto che però sono i teorici a dettare l'agenda, soprattutto nei settori della fisica delle particelle e nell'astrofisica. Sono questi ultimi che indicano gli esperimenti da fare, cosa cercare, e poi utilizzano i dati per progredire nelle teorie. Questa situazione è tipica di una scienza matura nella quale è la teoria che comanda. In tempi più remoti invece, nei quali la teoria era ancora molto primitiva o non esisteva, era l'attività sperimentale a guidare l'esplorazione. E questa era affidata all'estro degli sperimentatori che procedevano autonomamente nelle loro ricerche. Uno per tutti: fu Faraday, puro sperimentatore senza conoscenza della matematica, a suggerire a Maxwell, raffinato fisico-matematico, a suggerirgli la teoria elettromagnetica, come quest'ultimo ha onestamente ammesso. Faraday poteva procedere secondo la propria curiosità e gusti, in modo completamente autonomo. Oggi, almeno nei settori citati, questo sarebbe inammissibile. Dati gli altissimi costi delle ricerche in questi settori gli sperimentatori devono sottostare alle indicazioni dei teorici e finalizzare le ricerche nelle direzioni indicate da costoro. E i teorici sono spesso, come ho detto, singole persone o piccoli gruppi.
    Sui big data anche qui non ho detto che non servono. Ho solo detto che la necessità di acquisire enormi quantità di dati per spiegare un fenomeno significa che la teoria non è a punto. Se lei frequenta l'ambiente mi meraviglia che abbia da ridire su questi punti. Tutti gli addetti sanno bene che le cose stanno così.
    Sulla chiusa dei bambini di Katmandu sono sorpreso che lei abbia capito che io confonda la loro condizione con quella dei precari della ricerca! Anche qui ho detto "lo stato di reietto è relativo al contesto in cui si vive e si opera per cui anche nelle società opulente ci sono reietti che i reietti di altre parti del mondo non considerano tali". Non è ovvio il senso? Se qui un ragazzo non ha un lavoro affidabile, un'auto, e comunque sufficiente denaro, è un paria perché questo è il nostro stile di vita. Al mondo c'è sempre qualcuno più paria di un altro, siamo 7,5 miliardi di persone! Ma lei pensa che questo possa consolare i tanti giovani qui da noi che non riescono a costruirsi un futuro all'altezza degli standard imposti dalla nostra società? Glielo dica lei a costoro e vediamo che le rispondono.

  4. Mi spiace contraddirti, ma non è vero che la ricerca sulla materia e sul cosmo stia semplicemente confermando teorie consolidate. Anche soltatno la ricerca sugli esopianet è totalmente nuova. Per non parlare degli studi sulla metria oscura e sulle onde gravitazionali. Per queste ultime è veero che si tratta della conferma di una ipotsi teorica di Einstein, ma il fatto di averla confermata con dati sperimentali costituisce un grande passo avanti. Per quanto riguarda i big data, ancora non è vero che si tratta di dati inutili e racolti perchè non si sa cosa cercare. Dovrebbe documentarsi meglio. Sul ruolo dei singoli appassionati nell'astronomia questo è certamente vero ma non basta una biblioteca o un PC, serve anche una connessione in rete che permettta ad esempio di partecipare al progetto SETI, e anche in questo caso si raccolgono enormi quantità di dat. Per non parlare degli esperimenti del CERN: ogni singola collisione viene studiata con un sistema di sensori che ha le dimensioni di un palazzo di 5 piani ed è questo sistema che genera peet bayte di dati, tra i quali occorre cercare il segnale anomalo. Ormai nella big science il colpo d'ala del singolo dipende dall'enorme lavoro che fanno centinai di sperimentatori ed analizzatori di dati.
    Che i reietti nel mondo ci siano sempre stati è ovvio, ma la situazione oggi ci sta riportando ai tempi degli studi di Engels sulle condizioni della classe operaia Inglese. Cofondere poi i bambini che sgusciano gamberetti a Katmandu con i precari dell'Università mi fa semplicemente arrossire.

  5. Innanzitutto la big science. Certamente attività come quella spaziale, sulla fisica sperimentale delle particelle, sulla costruzione di grandi telescopi terrestri o spaziali hanno bisogno di grandi finanziamenti, di moltissime persone e dell'intervento di industrie ad alta tecnologia. Ma queste attività essenzialmente consistono nella verifica di teorie già note. Per la fisica delle particelle la verifica del modello standard, per l'astrofisica la verifica del big bang, la ricerca dei buchi neri, dell'evoluzione stellare, degli esoplaneti . Attività senz'altro importanti ma coloro che però sviluppano le teorie, servendosi anche di questi dati, sono per l'appunto i teorici che sono sparsi per tutto il mondo in università e istituti di ricerca. Spesso sono singole persone o piccoli gruppi. Non hanno bisogno di grandi strutture ed organizzazioni ma soprattutto di una biblioteca ben fornita, magari con accesso online, e del loro personal computer. Le idee scientifiche più originali nascono proprio in questi contesti. Persino le attività sperimentali più innovative vengono praticate da piccole unità di ricerca in queste università e istituti. Ad esempio gli esperimenti sull'entanglement, sul computer quantistico.
    Insomma la creatività del singolo individuo è ancora l'elemento centrale nella scienza.
    Inoltre la vita che conducono tutti questi addetti alla ricerca è per lo più normale. Anche loro hanno a che fare con i problemi della quotidianità e sono afflitti dagli stessi mali e paure di chiunque altro.
    Sulla crescita esponenziale dei dati. La capacità di produrre e gestire enormi database è senz'altro importante in tutte le attività ma nella scienza questa necessità non è un buon segno. Si raccolgono immense quantità di dati quando non si hanno ancora delle teorie efficaci, non si capiscono i fenomeni e quindi non si ha un criterio per distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è. I troppi dati possono produrre confusione perché non è automatico trarre da essi una teoria, e la loro analisi può comportare enormi dispendi di tempo, energie e risorse di tutti i tipi. Per ottenere una spiegazione scientifica, una teoria, occorre sempre un atto creativo, un colpo d'ala del pensiero di un singolo.
    Sui finanziamenti alla scienza. Ma quanto sono davvero grandi? Quanto pesano sui PIL delle varie nazioni rispetto ad altre spese? Mi piacerebbe saperlo.
    Sulla politica, la gente che vive nel medioevo, i terroristi. D'accordo gli scienziati non vivono nel medioevo, ma d'altronde tanti di noi non vivono in esso. Tutti però siamo soggetti alla politica e al terrorismo. Il mondo è sempre stato pieno di reietti sia da noi che altrove perciò non vedo variazioni nello stato di chi è in, in mezzo e out. Comunque lo stato di reietto è relativo al contesto in cui si vive e si opera per cui anche nelle società opulente ci sono reietti che i reietti di altre parti del mondo non considerano tali, come ci sono terroristi che reietti non sono. Persino nella scienza ci sono i reietti. Infatti nella ricerca è pieno di precari il cui futuro è molto incerto e non sempre dipende dalle loro capacità.

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