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1965-1970: l’Università e la scienza — 10 commenti

  1. grazie per avermi ricordato quegli insegnanti ,che sono stati anche i miei, con giudizi che condivido. Come sia l'insegnamento ora in via Celoria non lo so perche' ho trascorso la maggior parte della mia vita professionale a UTAustin, all'istituto di fisica dove c'era un ambiente molto piu' cosmopolita (con Weinberg e Prigogine) pero' i libri del Ricci ce li ho ancora, p.-

  2. E' stato tirato in ballo Alberto Bertoni e cercando sul sito della università ho trovato tanti commenti commoventi ma il più bello è questo, relativo a quando facevamo il secondo anno, e ne parla Mariola che cita anche Bella. Nel testo si parla di un altro compagno di corso, anche lui compagno due volte, John Banfi (professore a Pavia scomparso nel 2002).

    Alberto veniva da Barlassina e John da Saronno e dunque prendevano entrambi i treni delle nord in piazzale Cadorna


    L'11 faceva capolinea a Piazza Leonardo da Vinci e si riempiva di studenti che poi scendevano per lo più in Piazza Cadorna per prendere un treno; qualcuno, pochi, proseguiva.

    Non si potevano non notare Alberto e Giampiero, studenti di fisica del II anno, alti, entusiasti e chiacchieroni.

    Parlavano di matematica e di fisica e per 30 minuti Bella, matricola, si informava su questo e quello: sui docenti, sugli esami, su cosa fare e come fare.

    Peccato che il mattino dopo io studiassi analisi I con Bella, che riportava sostenendo che bisognasse anche fare quel teorema e quella dimostrazione…. glielo avevano detto Alberto e Giampiero….

    E così finimmo per studiare oltre il punto in cui era arrivato Ricci e demmo l'esame il giorno dopo la fine del corso, in pre-appello.

    Alberto ci è venuto a trovare con Luciana qualche anno dopo a Champoluc e siamo andati al Rifugio Mezzalama. Sulla via del ritorno sostenendo che in discesa si va per la linea di massima pendenza ci fece scendere lungo una via che mai ho pensato che gli umani potessero fare, saltando come capre tra massi enormi a traballanti. Da quel momento non ebbi più le stesse ginocchia ma conobbi la soddisfazione di fare saltando quello che pensavo si potesse fare solo con gli sci ai piedi!

    Alberto e Giampiero, ve ne siete andati entrambi così presto! E pensando a voi, all'entusiasmo, all' intelligenza e alla generosità che vi contraddistingueva e accomunava, rifletto: ma l'università oggi è ancora in grado di riconoscere e allevare persone come voi o ci siamo persi qualche indice? Un abbraccio.

  3. PICCOLO SCOLIO AL PRIMO POST REATTIVO ALL’AUTOBIOGRAFIA DI Claudio Cereda. E ALBERTO BERTONI.
    Devo qualche spiegazione supplementare alla mia asserzione di ieri: le letture libertine che mi allontanarono in terza media dall’educazione cattolica.
    Non furono solo quelle: fu anche la ritualità stanca e conformista della pratica religiosa nella subcultura briantea. Mi annoiava a morte il catechismo, non ero entusiasta dell’oratorio… Il parroco di Calco (allora faceva comune e chiesa con Olgiate: Olgiate Calco (CO)) fu per gli anni della mia infanzia don Arrigo Masanti, nativo di Colico.
    A detta (molti anni dopo) di mio zio medico, era persona colta e di qualità. Ma era stato cappellano del Carcere minorile Beccaria, e trattava noi ragazzini, diciamo, in modo militare… Se ti distraevi per un pochino da una funzione, ti arrivava uno scappellotto sulla nuca. non so se mi spiego. Era autoritario, e penso avesse anche un problema con le donne.
    Ricordo ancora una predica in cui si scagliò contro le contadine in bicicletta che mostravano “le loro gambasch (gambacce)”. Io le trovavo attraenti… Quando veniva a trovare la mia famiglia di piccolo-borghesi bottegai relativamente acculturati, spesso ironizzava. Io ero gracilino, mia mamma mi proteggeva un po’ troppo: risultato, quando mi apostrofava Masanti mi chiamava Principe di Condé. Non il massimo.
    Quindi già in terza media, e soprattutto in quarta ginnasio, facevo finta la domenica di andare a messa a Calco, e invece mi fiondavo all’edicola della stazione ferroviaria di Olgiate, dove una giovane donna edicolante, di dubbi costumi, seppi anni dopo, mi prestava da leggere le rivista ABC di Baldacci, e altro (ricordo le pagine centrali un po’ osé del fascistissimo “Il borghese”…) Così sviluppai il mio interesse per la (etero)-sessualità. Per lunghi anni, peraltro, puramente teorico e diciamo così ‘solipsista’.
    Ma torniamo ai preti. Prima di Masanti, dal 1945 al 1952, era stato parroco a Calco (ove oggi è sepolto!) un prete molto più interessante. Adorato dai miei e da tutti i parrocchiani, lasciò un ricordo indelebile. Fu lui a battezzarmi nel 1947, e moltissimi anni dopo, mia madre ricordava che le disse che avevo dita lunghe e sottili, che sarei stato un ottimo pianista. Profezia non inveratasi, non ho mai imparato a suonare uno strumento, e ancora me ne dolgo.
    Ora, questo parroco, come seppi molti anni dopo, auspice Alberto Bertoni, era in realtà un fisico, un fisico nucleare. Si chiamava Carlo Borghi, era nato a Barlassina. Si era laureato a Milano con Gentile (figlio del filosofo) e aveva insegnato all’Università di Milano, in cui Gentile aveva cattedra, credo, di Fisica Teorica.
    Credo che Alberto mi abbia accennato anche a rapporti con la scuola di Fermi, ma non sono sicuro. Comunque sia, Borghi aveva sviluppato negli anni una crescente preoccupazione circa gli usi pratici della fisica nucleare, come del resto molti altri fisici. E l’esplosione di Los Alamos, per non dire delle bombe nucleari sul Giappone, lo condussero a radicali ripensamenti, e ad abbandonare ricerca e insegnamento.
    Si fece parroco di campagna, a Calco.
    Ma tornando a Bertoni, non sapevo che Claudio avesse scritto la sua tesi con Alberto! Il mondo è piccolo.
    Alberto non lo conobbi negli anni ruggenti, ma come collega a Informatica (ove non ebbi rapporti sempre agevoli con Degli Antoni, in parte per colpa mia…).
    Il sodale scientifico e personale di Bertoni era Giancarlo Mauri, mio amico già dagli anni del liceo Zucchi. L’amico informatico napoletano Aldo De Luca li chiamava con affetto e ammirazione “il gatto e la volpe” (non è chiaro chi fosse il gatto e chi la volpe).
    Con Bertoni ci vedevamo a volte in via privata, e fu appunto a una cena con Giancarlo e consorti, che venni a sapere che il prete che mi aveva battezzato era appunto il fisico Carlo Borghi, suo zio!
    Alberto accennò anche a difficoltà dello zio con la chiesa ufficiale, ciò che in parte spiegherebbe il ritiro in campagna, che chiese e ottenne dal cardinale Schuster.
    A proposito, mi sono informato: Borghi, sacerdote, riprese i suoi studi, visse e operò anche come fisico a lungo in Brasile, dette contributi originali alla fisica dei reattori, tornò poi in Italia, dove morì nei primi anni ottanta.
    Chissà, se Borghi, che i miei veneravano ancora anni dopo, fosse rimasto a Calco, le cose sarebbero andate diversamente…

    • libro di Carlo Borghi
      Che sorpresa scoprire un nesso tramite Carlo Borghi, nella infanzia di Lino Di Martino e nelle parentele di Alberto Bertoni.
      A metà degli anni 80 il suo libro di riflessione sulla fisica mi venne regalato da un alunno vicino a CL mentre ero al Frisi. Se non ricordo male si chiamava Carlo Rivolta. Adesso sono costretto a portarlo in Toscana e rileggerlo.
      Alberto, stesso anno ma indirizzo generale, a inizio movimento faceva parte di quei giovani cattolici che si diedero da fare e lo si vede in qualche foto della prima occupazione. Era della Azione Cattolica ed era il maggiore di una serie di fratelli e sorelle. Ci siamo un po’ frequentati durante la sede e sono stato a casa sua a Barlassina un paio di volte.
      Poi abbiamo preso strade diverse e l’ho rivisto quando si fece la festa convegno per Degli Antoni nel comasco. Mi meravigliai nel non vederlo al funerale di Gianni Degli Antoni e scoprii che era morto

    • Che sorpresa scoprire un nesso, tramite Carlo Borghi, tra la infanzia di Lino Di Martino e le parentele di Alberto Bertoni.
      A metà degli anni 80 il suo libro di riflessione sulla fisica mi venne regalato da un alunno vicino a CL mentre ero al Frisi. Se non ricordo male si chiamava Carlo Rivolta. Adesso sono costretto a portarlo in Toscana e rileggerlo.
      Alberto, stesso anno ma indirizzo generale, a inizio movimento faceva parte di quei giovani cattolici che si diedero da fare e lo si vede in qualche foto della prima occupazione. Era della Azione Cattolica ed era il maggiore di una serie di fratelli e sorelle. Ci siamo un po’ frequentati nel periodo della tesi e sono stato a casa sua a Barlassina un paio di volte.
      Poi abbiamo preso strade diverse e l’ho rivisto quando si fece la festa convegno per Degli Antoni nel comasco. Ma quel giorno eravamo in tanti che non si vedevano da anni e ci fu intervento fiume di Gianni che fece contrasto alla possibilità di socializzare.
      Mi meravigliai nel non vederlo al funerale di Gianni Degli Antoni e scoprii che era morto nel febbraio del 2014

  4. Cereda Claudio (il dirigente selezionato) e Maurizio Soardi (il selezionatore, uno degli eredi di Ricci) siete due fantastici esempi della Scuola inventata da Giovanni Gentile e Benedetto Croce che doveva selezionare la nuova classe dirigente. Il concetto deve aver convinto persino I comunisti Gramsci e Togliatti che avevano un’ammirazione unica per la figura dell’Ingegnere che si elevava rispetto alla massa e ne diventava un punto di riferimento!
    Il concetto della “roba”complicata a piacere per selezionare I “migliori” o gli aneddoti di popolo come l’epsilon trentesimi si sono trascinati e moltiplicati per anni.
    Il caro Matteo Renzi ci ha provato a riformare questa impostazione con la “Buona Scuola” e si e’ disintegrato.
    Chissà’ se I nuovi politici partoriranno un concetto di “migliorismo” superiore a quello crociano e gramsciano! Con l’esplosione delle conoscenze anche matematiche non si sa più’ quale “roba” proporre agli studenti. Bisognerebbe dare uno stipendio anche agli studenti stessi, e riconoscere che lo studio e’ un lavoro.

    • Che bella persona Giampiero Banfi! L’ho conosciuto quando era appena arrivato a Pavia da Milano. Io ero verso la fine degli studi di Medicina. Lui, giovanissimo, già avviato a una brillante carriera universitaria. L’unico fisico che io abbia conosciuto che non mi abbia scatenato il classico complesso di inferiorità di noi medici nei confronti dei fisici. Semplicemente perché non ti faceva minimamente pesare la sua intelligenza superiore. (Ricordate: “Elementare Watson”?). E per la sua semplicità, spontaneità, nel vestire, nello stile di vita, nella frugalità, direi disarmanti. Un’anima pura. Ce ne sarebbe tanto bisogno di persone come lui.

      • Grazie Alberto per questo bel ricordo dell’amico John. Nei primi anni 80 feci una settimana con il gruppo di storia della Fisica del Deutsche Museum di Monaco. Ci siamo rivisti lì a Monaco, lui stava facendo non so quale appeofondimento in un laboratorio fuori Monaco; ricordo che mi disse che frequentava un corso serale di tedesco perché in laboratorio tutti parlavano inglese e così non c’era modo di imparare il tedesco. Ho scoperto della sua morte quando chiesi come mai non c’era per il 40° del movimento.

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