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1974-1976: la parabola di AO — 12 commenti

  1. Un po’ troppo autoassolutorio. Centinaia di compagne/i di AO restarono in DP e continuarono a lavorare nei vari settori, personalmente in fabbrica, sindacato chimici e nei territori, zona Gorgonzola, nei comuni dove avevamo eletto fin dal 1974 diversi consiglieri comunali. A fare la vendita militante del QdL….fino alla scissione manovrata dei Verdi Arcobaleno.
    Bah, storie del secolo scorso.

  2. Dimenticavo di dire: senza alcun moralismo, sia chiaro, ma credo che AO sia anche stata una scuola di onestà personale superiore a quelle degli altri gruppi. Il rigore intellettuale e teorico verso cui (con tanti difetti) eravamo comunque tesi, alla fine produce e rafforza anche comportamenti personali migliori. Ho trovato lavoro fuori dalla politica, fuori dal mondo della sinistra. Ho potuto conservare un’idea della militanza sganciata da ogni interferenza personale. Ricordo tanti compagni (più nell’ambiente milanese e fiorentino che in quello calabrese, in verità) che mi trasmettevano questo senso di sicura onestà personale. Fui ospite una volta anche di Luigi Vinci (ero a Milano per una riunione). Non mi fu simpatico (giudicai, forse ingiustamente, un po’ caricaturale la sua identificazione con Lenin, problema psicologico allora abbastanza diffuso). Ma ebbi anche un’impressione forte di pulizia, onestà e anche calore da quella casa frequentata da tanto compagni e compagne, molti operai, di quella Milano civile e lavoratrice che io (giovane calabrese emigrato a Firenze) imparai in quegli anni ad amare con tutto il cuore

  3. La mia militanza in AO si è svolta ai margini dei gruppi dirigenti. Seguivo soprattutto la vita sindacale nel settore dei chimici, cosa che a volte mi provocava imbarazzo perché mio padre dirigeva appunto una azienda farmaceutica, poco toccata dalle lotte, ma i cui dipendenti erano comunque in contatto con colleghi di aziende come Recordati o Farmitalia e a volte dicevano al mio babbo che mi avevano visto o incontrato. Con grande eleganza il babbo si limitava ad accennarmene. 
    A parte questi rari episodi personali, le discussioni e la crisi che racconta Claudio mi hanno sfiorato e solo alla fine mi hanno colpito emotivamente in modo diretto. Nel '76 era da poco nato il mio primo figlio e dovevo spesso stare a casa soprattutto la sera per non abbandonare mia moglie. A un certo punto alcuni compagni mi proposero di riunirsi in casa mia e manifestarono nelle settimane successive affetto e vicinanza. Eravamo in prossimotà dell'evento finale che portò allo scioglimento di AO e con loro ci schieravamo nettamente da una parte precisa che, se non ricordo male, era quella che si riferiva a Campi come leader. Questo era certamente coerente con il fatto che conoscevo bene sia lui, entrambi a Fisica, sia Claudia che anche era vicino a mia moglie visto che entrambe rimasero incinte nello stesso periodo.
    Dopo qualche anno una delle compagne si confidò con me dicendo che si erano avvicinati manifestandomi amicizia per cercare di portarmi verso le loro posizioni. Lo considerai un tradimento e lasciai l'attività poitica pesantemente amareggiato. Solo dopo parecchi anni feci pace con me stesso e in qualche modo perdonai questi compagni con i quali mantenni comunque un rapporto di lontana amicizia.
    Per quanto riguarda la trasformazione sociale e politica dell'Italia che anch'io penso di aver contribuito a fare, penso però che questo avvenne forse prima che AO si costituisse a partito. Il maggior ruolo lo ebbe a mio giudizio il movimento degli studenti come azione complessiva dei giovani verso una società ormai invecchiata.
    Me lo confermò qualche anno dopo ancora mio padre che mi disse "mi avete cambiato". Egli era sempre stato un conservatore illuminato, di orientamento repubblicano, certamente anticomunista, che anzi, quando il PSI con Nenni andò per la prima volta al governo, commentò dicendo che presto avremmo avuto i comunisti al governo. Dopo ii '68 incominciò ad avere maggiore attenzione per la domanda delle classi emarginate e disagiate, votò anche per il PSI e per lo PSIUP in quache occasione. Credo che la sua sia stata una testimonianza dei cambiamenti che abbiamo provocato.

  4. Nelle tante decadi trascorse da allora mi è capitato di riflettere sul mio tempo in AO (73-76) e, visto dal di quà della mia vita, di vederlo unico per tante ragioni: stare in quel tempo "speciale" e stare in AO significava adottare un punto di vista sul mondo totalizzante, a suo modo privo di laicità. Ma AO era stata anche per molti ventenni come me un canalizzatore potente delle energie. Si stava dentro un tempo di immanenze, di euforia rivoluzionaria. Ma nell'euforia c'era metodo; quell'educazione al metodo analitico, alla visione sistematica e al senso dell'organizzazione è la migliore eredità lasciatami da AO per la maturità. Tu mi offri, a tanti anni di distanza, un punto di vista previlegiato e titolato sul tempo del declino. Scopro, leggendoti, le dinamiche e le dialettiche interne al gruppo dirigente, che mi sono state sempre ignote. Ma sto cercando di accoppiare al tuo racconto dall'alto il mio racconto dal basso. Mio e di tanti altri vicini a me. Quella crisi, quelle tensioni agitavano anche noi (AO a Saronno era una forza considerevole). Quell'articolo di Corvisieri sul QdL (Gioia di vivere e lotta di classe) mi aveva colpito e io l'ho sempre visto come la scintilla capace di far emergere anche tra noi stili e pulsioni diverse. Chi, come me, era entrato in AO, passando prima dai Beatles, da Battisti, dai Pink Floyd e da Kubrick, si era un po' entusiasmato a quell'articolo di fondo del QdL; banalizzando, c'era uno che sul nostro giornale leninista "sdoganava" quelle sere a sentire Atom heart mother, in attesa dell'ora per l'attachinaggio notturno. Mi ricordo che (sul QdL) a Corvisieri seguì subito una spietata critica di Luigi Vinci. Non ho più chiara la sequenza temporale, ma è in quel tempo che si profilava la necessità delle integrazioni politiche, che avrebbero portato a DP. Ciò che ricordo è che mi trovai all'improvviso una sezione di AO in totale deflagrazione, un susseguirsi di tensioni, sospetti, contrasti sempre più profondi. Non ho mai compreso se, aldilà di ragioni più profonde, legate alla mutazione dello scenario politico, qualcosa avesse contato il contrasto tutto "culturale", sorto dalla presa di posizione di Corvisieri. 
    Cordiali saluti.
    P.S. Touchè, per la barba e i baffi. Ricordavo quindi male. Mi sembrava di ricordarti come relatore in qualche "attivo" (si chiamavo così) a Saronno.
     

    • Scrivi delle belle cose; nel periodo del Quotidiano ho lavorato a testa bassa e tante cose che cambiavano le ho vissute mediate dalla necessità di cucinare il giornale ogni giorno. Quando ho rotto ho tirato una bella riga nei confronti del volontarismo; ho cambiato progetto di vita … Confermo di essere venuto a Saronno quando facevo il segretario regionale. Per me Saronno ha significato John Banfi mio compagno di corso e amico a Fisica, prematuramente scomparso. Prima di AO ci sono anche venuto in bici un paio di volte.

  5. mi permetto però di osservare (al margine del contributo di Claudio che rileggerò con calma) che non tutti (e gli ambienti di ao erano fra questi) erano sulla parola d'ordine "nè con lo stato nè con le br". anzi mi ricordo di una lunga e accesa discussione con un compagno di ao della mia città lui contrapponeva appunto un'altra parola d'ordine che era "contro lo stato nè con le br". ripeto è una cosa molto marginale e che nulla ha a che fare con il "merito" del contributo di Caludio

    • me la ricordo così “no allo stato delle BR” che è anche peggio; era, in pieno rapimento Moro, la riproposizione de “la strage è di stato, avanti con le lotte del proletariato”. La stessa storia che di fronte al cadavere di Feltrinelli ci portò a sostenere che era stato ucciso dai servizi segreti o che Calabresi era un agente della CIA. Che nei corpi dello stato si annidiassero nemici dello stato democratico era vero ma che in Italia fosse indispensabile la difesa senza se e senza ma delle istituzioni democratiche, per me lo era altrettanto.

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