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the Teacher and the Physics — 16 commenti

  1.  
    Buongiorno Professore, mi collego alla lettera di Luca in qualità di “Fisico” (più o meno, ormai) che, partito da quella mitica 5^F di ormai diversi anni fa, si sta facendo strada nel mondo.
    Uno dei ricordi più intensi che ho della mia esperienza frisina risale al suo primo giorno di lezione. Appena entrato in classe, come prima cosa, ci disse: “Io sono qui per insegnarvi due materie. Una che rispetto, l'altra che amo. La prima è la Matematica, la seconda la Fisica.” Quella frase mi è rimasta impressa, al punto da ricordarmene ancora. Si potrebbe dire che quella frase fosse un manifesto di quello che sarebbero stati i 5 anni successivi. Capivo la passione che l'animava nel momento in cui parlava di Fisica, l'entusiasmo di trasmettere la conoscenza anche a dei ragazzini che forse non potevano apprezzare in pieno quanto ricevevano, l'idea di insegnamento non solo come mera occupazione ma anche come missione a favore delle nuove generazioni.
    Ecco, probabilmente l'idea che la Fisica potesse suscitare una passione del genere mi ha spinto ad iscrivermi alla sua stessa facoltà.
    Come sicuramente si ricorderà, non ho mai brillato in genialità, ma facevo dell'atteggiamento “carro armato” la mia forza, ottenendo ottimi risultati grazie ad impegno e dedizione. Direi che negli anni le mie qualità non sono cambiate, e, forse a causa di queste mie caratteristiche, una volta terminato il percorso di studi (circa due anni fa), faticavo a vedermi nei panni del ricercatore. O forse non è mai scattata in me quella scintilla che la animava quando parlava di Fisica.
    Per questo, senza assolutamente rinnegare i miei studi, dei quali vado anzi molto orgoglioso, mi sono allontanato dalla Fisica intesa come ricerca in ambito accademico, ed ho cercato fortuna nel settore privato. Sono stato assunto da una multinazionale della consulenza, per la quale ho lavorato due anni avendo la possibilità di conoscere l'impegnativo ambiente lavorativo. Con quanto guadagnato e messo da parte in questo periodo, mi sono iscritto ad un Master in ambito economico (che ho iniziato a frequentare in questo mese di settembre), che spero possa dare slancio alla mia carriera ed al mio futuro.
    Sono contento di poter dire di essermi guadagnato tutto ciò, e che la Fisica sia stata comunque parte integrante di questo percorso, che io sia tuttora un Fisico o meno, avendomi condotto verso una crescita, morale ed intellettuale, per me fondamentale. Sono convinto che se avessi seguito un altro corso di laurea non sarei riuscito a passare attraverso la selezione serrata per l'assunzione prima e per l'ammissione al master poi.
    La lascio con un piccolo aneddoto. La scorsa settimana, durante una delle prime lezioni del Master, abbiamo fatto un veloce ripasso di statistica: distribuzioni di probabilità monovariabili e multivariabili, marginali e condizionali, gaussiane e non. Le posso dire con sincerità che, ascoltando quei teoremi già noti, la prima cosa che mi è venuta in mente non sono stati testi o lezioni universitarie, ma le dispense che lei ci aveva passato sull'argomento e la fatica che aveva fatto per cercare di insegnarci quei pochi concetti chiave, che però hanno fatto da impalcatura insostituibile per tutto quanto appreso in seguito. Penso che possa esserne contento.
    La saluto cordialmente.
    Giacomo Pozzi

  2. Ok, ci provo anch'io.
    Classe 1965: sono sicuramente la più vecchia di quelli che risponderanno con un commento. Ho fatto il Frisi, ho avuto Cereda come insegnante di matematica e di fisica e ho fatto Fisica. 
    Ho fatto il Frisi nel periodo '79-'84 in anni certamente di transizione. In questa occasione, francamente, non mi sento di rigraziare il Frisi, perché ritengo che molto dell'andamento di quella scuola e delle pretese che ne derivano dipenda dalla Presidenza più che dai singoli insegnanti. Diversamente, mi sento di ringraziare Cereda e non solo. E' anche vero che, avendo incontrato anche molti altri ragazzi Frisini nella mia vita personale e lavorativa, mi trovo spesso a constatare che un'esperiezna abbastanza dura come fu quella di allora ci ha poi reso più forti nell'affrontare le successive prove della vita, almeno a livello lavorativo.
    Furono anni appunto di transizione. I primi, con noi pischerli che ci trovavamo a scontrarci con gli ultimi strascichi della contestazione, fra un Luca Magni completamente fatto che sbraitava alle assemblee e Sant'Ambrogio il bidello nonché custode che faceva passare tutti per andare in aula magna (anche quelli di avanguardia operaia !) ad anni successivi, con il cambio della dirigenza e il passaggio nei fatidici anni '80, con gli insegnanti di religione ciellini che parlavano di Carta '77, sempre Sant'Ambrogio che aveva registrato, come un enorme Data Base vivente e interattivo, i nostri nomi e le nostre facce e impediva il varco ai "foresti" e un Preside che imponeva alle ragazze di indossare il grembiule. Anni di riflusso, li chiamava Meroni. Mah…
    Poi c'eravamo noi in mezzo, ragazzi, che crescevamo, un po' confusi, come tutti i ragazzi di tutti i tempi e di tutte le mode. I ragazzi di prima erano sicuramente più impegnati, almeno alcuni fra loro, esclusi i soliti fancazzisti e paraculi, e informati; noi eravamo già i figli della televisione.
    Poi arrivò la III liceo. Ricordo Cereda quando ci fece fare la prima prova giusto per sondare il  nostro livello in algebra: fu la prima di tante figure di merda. Scoprivamo che l'algebra non era solo applicazione di regolette imparate a memoria senza alcuna conoscenza della teoria e della storia che le stavano dietro. Questo strano personaggio che entrava già incazzato di mattina e ci scrutava con i suoi occhietti con fascio a mo' di raggio laser parlava di polinomi, di teoria dei numeri, di teoria in generale. E io che credevo di avere capito tutto applicando Ruffini e il triangolo di Tartaglia ! Poi cominciò con Fisica. Mentre nelle altre classi erano già alla regola del parallelogramma sui vettori, lui ci stava ancora inondando di filosofia della scienza (a 16 anni), con testi russi e tedeschi sullo spazio-tempo (ricordo ancora le vacanze di Natale passate a tradurre le fotocopie che ci aveva dato !), lo spazio di Minkowski, le geometrie non euclidee, i testi di Carnap, Reichenbach, il Circolo di Vienna, Russel, Popper. Autori che poi ho letto. Poi, appunto.
    La mia non era una gran classe, devo ammetterlo. Non era coesa da nessun punto di vista e non brillava certo neanche per presentare al suo interno grandi menti.
    Non capivamo perché lui andasse così oltre e così, allora sembrava, fuori argomento.
    Non capivo quasi un caz… di quanto ci propinava. Capii anni dopo quanto sia importante cercare di andare sempre oltre, oltre le proprie aspettative, allargare gli orizzonti, cercare di inquadrare almeno il problema anche se non lo capisci subito del tutto, ma almeno cercare di inquadrare. Qualcosa resta, qualcosa stimola, qualcosa verrà capito dopo.
    Potrei andare avanti per ore a raccontare le provocazioni che ci lanciava ogni volta con quel metodo di insegnamento, che era sicuramente anche un metodo di approccio alla vita.
    Cereda non era sempre sistematico e lineare e questo ho sempre pensato lo fosse volutamente.
    Arrivava con il suo trolley, pieno di libri e di fotocopie, si scaccolava il naso e ogni tanto porconava dandoci dei "ciuloni", ma ricordo anche sia stato sempre molto umano. La cosa che più mi faceva morire di lui é che se ne fregava altamente, anche se con profonda diplomazia, delle lamentele delle solite mamme cagac..zzo. che nei consigli di classe riportavano i discorsi dei figli in merito alle difficoltà intrinseche a stare dietro al suo metodo e al livello da lui preteso.
    Presi un 8 in fisica nel I quadrimestre, poi subito commutato in un 6 nel II ! Ricordo ancora con grande tenerezza quando presi un 9 in una prova sulla teoria degli insiemi in IV e lui scese dalla cattedra per stringermi la mano e farmi i complimenti personalmente … 
    La teoria degli urti con tutte le equazioni di conservazione di energia e di quantità di moto, la termodinamica dal punto di vista microscopico leggendo praticamente i testi di Kelvin e il famoso Halliday-Resnik (testo universitario), fisica del V anno con una profonda impostazione rivolta alla fisica moderna e alla meccanica quantistica.
    Uscì fisica alla maturità e andammo tutti molto bene, tra noi che decidemmo di portarla. L'anno dopo Rubbia prendeva il premio Nobel. Era il lontano 1985.
    Sono sicura che in ogni percorso scolastico Cereda abbia saputo rinnovarsi, cambiando il programma su misura della classe, dei tempi e di come gli girava. E anche qui non so come abbia potuto trovare la forza e il tempo di farlo.
    Alla fine di tutto questo lungo commento, quello che mi sento di dire é soprattutto di riconoscere che Cereda é stato un grande perché ha scelto di insegnare, pur avendo tutte le competenze e le opportunità di fare qualcosa di più remunerativo. Altri meriti sono sicuramente quelli di averci trasmesso la passione e di averci insegnato a sfidare le difficoltà, impresa per me alquanto ardua.
     
    Luisa Colombo

  3. Mi son preso del tempo, anche per assorbire a pieno la bella risposta (e perché, incredibile a dirsi, sto lavorando). L'esperienza del Frisi è un qualcosa a cui penso sempre con un certo orgoglio, in una classe che sicuramente era competitiva ma che sapeva collaborare, sapeva aiutarsi. Questo è qualcosa che nel tempo è rimasto e ha reso a molti di noi più facile affrontare e contrastare l'allontanamento inevitabile che si ha negli anni successivi al diploma. Una questione di mera entropia. 
    Ha detto bene: con alcune materie e professoresse, ne ricordo una in particolare, non riuscivo a migliorare, qualunque cosa facessi e per quanto mi impegnassi, pur presentando competenze e conoscenze diverse di volta in volta, sempre un voto solo potevo prendere. Scarso interesse e pigrizia, posso esserne certo, ma anche un'interlocutrice, per altro splendida persona fuori dalla classe, che non voleva venirmi incontro. Parlo di questo per evidenziare lo stacco da un'altra situazione per anni frustrante (mi si passi il termine): le sue interrogazioni. Ebbene, se c'è una cosa che mi ricordo come fosse ieri è proprio l'ansia, quasi paralizzante, di vederla entrare con la maledetta camicia rosa (perché in prima approssimazione era sempre quella la camicia della mattanza) e scorrere il registro silenziosamente. Il puntino accanto al nome era solo il gong d'inizio. Ho dovuto aspettare la quinta per sostenere interrogazioni di matematica o fisica con fiducia nei miei mezzi, ci ho dovuto spendere decine e decine di figure terribili (perché lei, sapendolo, mi metteva alla prova più degli altri in questo), ma alla fine ce l'ho fatta e all'università non c'è stato esame orale in cui abbia avuto quel genere di ansia, fino ad arrivare in Olanda, dove ho fatto un colloquio, il mio primo in inglese (che smacco, tra l'altro), che mi è valso un contratto di 4 anni, un'opportunità per trovare la mia strada in quella materia che sa risvegliare la mia passione. 

    Quindi se devo trovare un aspetto da aggiungere a quanto già scritto, punterei tutto su questo: il Frisi mi ha insegnato ad affrontare le mie paure, paure che mi creano difficoltà, e a riconoscere quando la colpa mia o quando c'è anche responsabilità altrui. Se vogliamo potrei definirlo un occhio critico sulle proprie mancanze e su quelle altrui.

    Poi ci sarebbero milioni di altre cose (la lezione sulle mucche, lo sperma dei buoi e l'azoto liquido è nella memoria collettiva), milioni di altri insegnamenti, perché in 5 anni, quelli in cui entri pischello ed esci che voti e guidi, quasi ogni cosa è una grande lezione, ma direi che l'aspetto appena discusso satura abbasta questo commento.

    Col buon Matteo, mio primo compagno di banco (e dunque 3 giorni fa è cascato il dodicesimo anniversario dal nostro primo "ciao"), mi ha accompagnato in giro per l'Italia, due volte con la stessa macchina e la stessa tenda, e domani sarà qui, a Groningen, giusto per vederci nel nostro nuovo Paese di residenza. E non è l'unico esempio. Ecco, il Frisi è anche questo, perché non credo che possa accadere ovunque.

    Concludo facendomi un po' di pubblicità, visto che vorrei parlare di molto altro ma per mia fortuna ho un blog che mi evita di ripetermi. Di fisica ho scritto qui e di insegnamento ho scritto qui.

    Luca Basanisi

  4. Buonasera Prof., all'inizio non volevo intromettermi in questi messaggi idilliaci dei suoi studenti storici, ma poi ho pensato che un contributo in più potesse essere divertente. Non sono uno di quelli che hanno scelto la fisica nella vita, ho studiato Scienze politiche e tra l'altro ci ho messo anche qualche anno in più. Però la ricordo sempre con piacere.
    Ha insegnato fisica nella nostra classe solo per un anno, in terza. Mi piacevano le sue lezioni, erano interessanti. Ricordo l' esperimento del foglio appoggiato sul libro in caduta che mi aveva totalmente spiazzato. Si divertiva un sacco quando insegnava, è una cosa bella. Forse scriveva troppe cose alla lavagna e spesso non la seguivo molto, ma non è colpa sua, è la matematica che è una palla mostruosa.
    Le sue verifiche a crocette erano belle perché ci stimolava intellettualmente. C'era da ragionare, non da riempire un foglio. Le prendevo come una sfida ed era divertente farle. Se ci pensa è lo stesso concetto che sta dietro alla Settimana Enigmistica. Addirittura presi un 10 durante la prima verifica, anche se poi non sono mai riuscito a ripetermi. Alla lunga il cazzeggio e la pigrizia vincono sempre sulle buone intenzioni, e poi era l'anno in cui ho imparato a fare le rane di carta, quelle che saltano. Gliele consiglio se ha nipotini.
    Le sue dispense erano una bomba. Si era presentato il primo giorno di scuola con un CD pieno di file PDF. La mia classe era completamente spaesata. Io, da nerd militante, gongolavo. Te le stampavi prima di studiare e potevi scarabocchiarle senza ritegno. Ho sempre avuto la fobia di rovinare i libri, e la cosa non mi dava pace quando sottolineavo. Almeno quando studiavo fisica ero tranquillo.
    Insomma, era abbastanza "avanti" per essere un Prof. del liceo. Ricordo anche che aveva voluto fortemente il sito del Frisi e l'aveva fatto fare ad un suo vecchio studente. Lo aggiornava continuamente e si dava un gran da fare per renderlo utile. Altra prova di grande modernità in quella scuola obsoleta. Ora, dopo 10 anni, le posso dire senza paura che quel sito era terribile, però noi studenti abbiamo tutti apprezzato lo sforzo.
    Un abbraccio,
    Morris Barattini

  5. Buongiorno Professore, le scrivo privatamente poichè non sono sicuro che il mio intervento sia pertinente alla sua richiesta, essendo che va un po' fuori tema dalla sfera prettamente fisica.
    L'esperienza frisina ed, in particolare quella avuta da alcuni professori lei incluso, mi ha insegnato e segnato tantissimo. Non brillavo certo per capacità matematiche o fisiche, ma mi riconosco una dote più che rara al giorno d'oggi: non ho mai mollato. Chi conosce o si ricorda vagamente la mia esperienza lo sa, ho dovuto "approfondire" qualche anno, non per mancanza di acume, più che altro per tempi di maturazione differenti dal corso normale delle cose.
    E' stato proprio in quelle situazioni che ho sentito forte la vicininanza con alcuni professori, distanti anni luce (giusto per rimanere in tema scientifico) dal vecchio e vetusto dipinto del "Professore Frisino" che è passato alla storia come carnefice di alunni di svariate generazioni.
    Lei, insieme ad altri suoi colleghi, mi avete insegnato che è con il lavoro e la dedizione che si giudicano le persone, che le opinioni possono cambiare, che le persone possono stupirti. La mia esperienza non è stata semplicemente una scuola, ma una scuola di vita vera e propria.
    Lavoro da 7 anni, oserei dire, felicemente da 7 anni. Sono Creative Manager in un'agenzia di marketing e comunicazione, in parole povere sono un Creativo, disegno, immagino e creo qualsiasi cosa, dal semplice biglietto da visita al sito internet fatto e finito.
    Ho la fortuna di realizzare in prima persona progetti per grandissimi clienti internazionali di cui adesso non scriverò i nomi per non annoiarla troppo, ma le assicuro che vedere in commercio qualcosa passato per le mie mani, magari in vetrina e magari vederseli contesi su ebay a rilanci da 100 euro, sono grandi soddisfazioni.
    La cosa più bella però è che ho trasformato una passione in un lavoro da 8 anni: avevo iniziato 11 anni fa da un blog non ufficiale legato ad una "famosa" squadra di calcio, per poi nell'arco di 2 anni farlo diventare il più grande al mondo tra la sfera degli unofficial.
    Otto anni fa, la dirigenza di quella squadra si è accorta della nostra realtà e ci ha chiesto di lavorare per loro. Oggi è l'ottava stagione consecutiva di collaborazione 365 giorni su 365. Ho trasformato un mio sogno in realtà, grazie a quella scuola di vita che lei e tutti i suoi colleghi e l'istruzione frisina mi ha insegnato. Volevo cogliere l'occasione per ringraziarla e per ribadirle che nonostante i 4– in fisica, i 5 negli scritti in matematica con i 7 "regalati" agli orali, non solo mi ha insegnato tanto, ma soprattutto mi ha convinto che nella vita, tutto può essere conquistato: basta volerlo tanto. Grazie mille e buon lavoro.
    Andrea Galtieri

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