cronache dal Premio Nobel per la Stupidità – di Roberto Ceriani

Per alcuni giorni ho avuto un po’ di febbre. L'incubo Covid è sempre all’erta e volevo vedere tranquillamente il mio nipotino e vari amici da incontrare nel weekend. Decido allora di fare un tampone rapido in farmacia.

Telefono a una dozzina di farmacie milanesi per prenotare, ma non c’è più posto in nessuna! Tutte hanno decine di persone in coda per fare il tampone.
Alcune farmacie hanno prenotazioni esaurite per i prossimi 10-12 giorni; altre non rispondono neanche più al telefono. Alcune farmacie vendono 4 tamponi al prezzo di 3; altre fanno abbonamenti per 10 tamponi a 100 euro. Quando chiedo di prenotarmi un tampone per oggi un farmacista un po’ irriverente scoppia in una sonora risata…

Finalmente, dopo numerosi tentativi, trovo una farmacista che dice: “Guardi, sono esasperata per i tamponi che mi fanno passare intere giornate al telefono, ma lei è fortunato! Un paio di minuti fa abbiamo avuto una rinuncia e c’è un posto fra due ore”. BINGOOOO!!!! Se avessi chiamato solo 5 minuti più tardi avrei perso il posto della lotteria! Oggi è il mio giorno fortunato e quasi quasi mi compero un Gratta-e-Vinci!

Ma i non-vaccinati si rendono conto di quello che stanno provocando con i loro capricci? Migliaia di operatori sanitari e farmaceutici sono costretti a pensare a loro invece di provvedere alle cure per i malati! Se io mi siedo davanti a uno sportello delle poste mi denunciano per “Interruzione di pubblico servizio”, ma i non vaccinati stanno facendo lo stesso!

Anzi, il mio sportello delle poste bloccherebbe solo una ventina di utenti, mentre loro ne bloccano centinaia di migliaia fra cui molti malati! Ma non si vergognano? Capisco quando il sistema sanitario si era bloccato mentre morivano 700 persone al giorno solo in Lombardia. Capisco quando è stato messo sotto immenso sforzo per vaccinare 500.000 persone al giorno.

Invece metterlo oggi così a dura prova proprio non lo capisco; anzi, per essere sincero, lo capisco ma preferirei non capirlo! Se poi penso che questi approfittatori di non-vaccinati manifestano liberamente nelle piazze grazie a noi 43 milioni di vaccinati mi domando cosa frulla nella loro scatola cranica.
Ma si rendono conto che senza noi vaccinati sarebbero ancora chiusi in casa a sperare che il cane debba pisciare per avere la scusa per uscire? Ripeto: ma non si vergognano?

Per la cronaca: alla fine ho fatto il tampone, che è un mio diritto-dovere per la mia tranquillità e per motivi di buona educazione civica e sanitaria. L’ho fatto grazie alla vincita di una lotteria imposta da chi pensa di avere il diritto di scelta, cioè il “diritto” di mettere a rischio la salute di tutti. Per la terza volta: ma non si vergognano? Ovviamente, per la mia Sacra Privacy, non vi dico l’esito del tampone, però ve lo faccio intuire: potete frequentarmi senza rischi…

Venerdì 15 ottobre ore 14.00. Vedo al TG3 una lunga fila di persone davanti a una delle poche farmacie milanesi che fanno il tampone senza prenotazione.
La giornalista chiede a un cittadino in coda: “Perché lei è qui?”. “Perché oggi non mi hanno fatto entrare al lavoro”. “Ma lei non sapeva che da oggi non si può entrare al lavoro senza GreenPass?”. “Si, lo sapevo, ma pensavo che mi avrebbero fatto entrare lo stesso

A parte il pessimo uso della parola “pensare”, la risposta meriterebbe il PNS (Premio Nazionale Stupidità) ma, date le circostanze odierne, può puntare ancora più in alto; infatti oggi è venerdì e il GreenPass dura solo due giorni, quindi Mr. Allocco lunedì sarà al punto di partenza e dovrà “pensare” di nuovo che lo facciano entrare lo stesso… Adesso capisco perché non esiste il Premio Nobel per la Stupidità: vogliono evitare lunghissime code di aspiranti capaci e meritevoli…

Leggo i risultati di un’indagine fra i medici del servizio pubblico dei Paesi europei . Oltre il 90% si dichiara favorevole alla vaccinazione obbligatoria per chi lavora nella Sanità e oltre l’80% vuole l’obbligatorietà anche per tutta la popolazione. In controtendenza sono solo i medici della Romania, dove il 72% è contrario alla vaccinazione obbligatoria, sia per il personale sanitario sia nella popolazione generale. La Romania è uno dei Paesi europei più colpiti dal Covid.

Con 500 casi ogni 100.000 abitanti nell’ultima settimana è seconda solo ai 632 casi della Serbia. Per confronto: l’Italia è a quota 29 (numero tranquillizzante che però nasconde un preoccupante totale di 17.400 casi). E’ curioso poi leggere che i medici rumeni chiedono un aumento dei posti letto in terapia intensiva per far fronte al continuo crescere del numero di malati di Covid. Vedo che si allunga la coda di aspiranti al Nobel sopra citato…

 




pensare e agire – di Bruno Petrucci

Forse è arrivato davvero il meteorite.

Fino ad un anno fa il pericolo più grave che correvamo era quello di una crescita del riscaldamento globale (la CO2 immessa in atmosfera pare che non si disperda in meno di 100 anni) progressivo che avrebbe potuto snaturare talmente l’ambiente terrestre da creare condizioni ostili alla vita stessa, la nostra, quella del mondo animale, forse anche di quello vegetale.

Ma è un processo (che si ritiene sia) molto lento: decenni, forse secoli. E di fronte alla possibilità che tocchi ad altre generazioni, abbiamo sempre uno spazio (meschino) per pensare che i pronipoti e la tecnologia possano fare ciò di cui non siamo stati capaci. E tra l’ignoranza di popoli che continuano a riprodursi come se ci fossero ancora grandi praterie da conquistare e coltivare, e la nostra conoscenza che ritrosamente si barrica dietro il complottismo e le verità (falsità) nascoste ci siamo concessi e ci concediamo di marciare verso la catastrofe futura.

Poi compare questo grumo di vita, che non si sa bene come definire, che come un esercito di mostri, inarrestabile, ha un unico obiettivo: riprodursi. E riproducendosi ci ammazza. Ma, verrebbe da pensare, malignamente, non ammazza tutti, solo i più fragili, i compromessi, quelli che già sono alla fine della lunga marcia e pochi misteriosi giovani con un patrimonio genetico “adatto”. E quindi ci frega, perché la stragrande maggioranza dei giovani e degli adulti non ancora anziani si lascia attraversare dal virus senza conseguenze e se la morte non la tocchi con le tue mani non ci pensi e anche se ci pensi l’energia che hai dentro è più forte della tua intelligenza.

Bene, fin qui nulla d’irreparabile. Nel peggiore dei casi ci sarà una purificazione, un ritorno ad un mondo di giovani che avranno più chances di lavoro, meno bisogno di ospedali, meno pensioni da erogare, più energia e meno freni per dare una bella spinta alla ruota che rischia di bloccarsi. Sarà un prezzo duro da pagare, perché ci saranno ospedali intasati, sanitari in rivolta ed alla fine tanta gente che muore fuori dai riflettori nelle proprie case.

D’altronde se proviamo a bloccare la pandemia con il lock down moriremo di fame, perché abbiamo costruito una società-disneyland che si basa sul divertimento, sulle vacanze, sulle nuove generazioni che devono fare meno lavoro manuale di quanto accadesse nel mondo precedente e ci siamo riempiti di bar, ristoranti, alberghi, discoteche, crociere, che producono reddito, salari, proventi e utili che permettono alle gente di mangiare (divertirsi) e vivere. E se blocchi il turismo vanno in crisi le compagnie aree, quelle ferroviarie e quelle dei trasporti. Ma vanno in crisi anche grandi aziende che costruiscono navi, aerei, auto e quindi meno acciaio, meno legno, meno pesca, meno agricoltura, meno petrolio (beh, era ora).

Poi sbuca incredibilmente dopo solo un anno dall’inizio un vaccino, due, anzi tre, dieci, cento. Però che funzionino davvero sono per ora solo due, forse tre con Astra-Zeneca. Dei cinesi e dei russi si sa poco, si dice che non si sa che copertura garantiscano. E comunque tutti i politici, ma anche i virologi, si affannano a dire che è la luce in fondo al tunnel.

Ma il tunnel è lungo davvero. E mentre stiamo a discutere se rendere obbligatorio il vaccino per tutti gli operatori sanitari, Biontech-Pfizer, il vaccino più innovativo ed efficace, subisce un improvviso rallentamento nella produzione. E Astra-Zeneca, quasi invidiosa, alza il ditino e dice anch’io, anch’io. Non sappiamo bene che succede, se ci sono reali problemi di produzione o di egoistico accaparramento, come accadde per le mascherine, i respiratori ecc.

Si rallenta in Europa, però negli USA si accelera, chi ha fatto la prima dose rischia di vedere allontanarsi il richiamo indefinitamente e si rischia di offrire spazio al virus. Che intanto, come ci si aspettava ha preso a mutare ed ha costruito varianti più aggressive, non direttamente più letali ma indirettamente sì, perché più gente contagi più aumenterà il numero di morti. E’ la vendetta dell’entropia: l’universo si disorganizza.

C’è da pensare che noi in Italia ce la caveremo, visto che il caos è il nostro habitat naturale. Più cerchiamo di contenere l’energia più essa si ribella. E quindi? Ma sì, lasciateci morire in pace e riapriamo bar e ristoranti e hotel e treni e aerei e traghetti e navi da crociera. L’importante è che non sia lasciata una scappatoia al virus: quella di mutare e diventare più letale anche per i giovani e gli adulti sani, perché in quel caso al meteorite non si sfugge. E comunque prima che finisca la “semplificazione” e tutto riprenda come prima ce ne vorrà di tempo.

E in quel tempo ci sarà comunque una massa di disperati che cercherà di sfuggire alla fame, alla disoccupazione e forse si arriverà alle cannonate sui barconi, visto che stiamo già cercando di sterminare per assideramento nella ex Yugoslavia migliaia di poveracci che non possono andare più né avanti né indietro, ma solo congelare nella neve.

Il mondo sta arrivando ad un check point che non può evitare: o riscopriamo la nostra umanità, il nostro essere umani, che vuol dire vedere l’umanità, l’essere umani degli altri oppure ci rinchiudiamo nelle nostre cittadelle infette, uccidiamo per sopravvivere e torniamo alla barbarie. Sì, lo so sembra che io sia uscito di senno, ma davvero questo virus sta cambiando il nostro modo di essere umani e dovremo farci i conti e qualunque sarà la soluzione che la realtà troverà, il prezzo da pagare sarà altissimo. E intanto quei poveracci marciscono nella neve nell’indifferenza di tutti e questo non è pessimismo, è realtà.




in morte di Carlo Flamigni

Il professor Carlo Flamigni se ne è andato. Lo conoscevo di fama come battagliero scienziato laico impegnato sul fronte della procreazione assistita, lo conoscevo come intellettuale impegnato sui temi della bioetica. Il suo ultimo libro scitto in collaborazione con il filosofo Maurizio Mori è della fine del 2016 e si intitola Questa è la scienza, bellezze! – (la fecondazione assistita come nuovo modo di costruire le famiglie).

Qualche mese fa, verso i primi di marzo, dopo aver letto e recensito i suoi romanzi di ambientazione romagnola, mi ero messo a cercare un contatto ed ero rimasto colpito da una cosa assolutamente singolare: sulla home page del suo sito compariva uno strano messaggio il cui succo era il seguente: viviamo una brutta stagione che ci costringe a chiuderci in noi stessi; non lo dobbiamo fare, chi ha voglia di scambiare quattro chiacchiere mi telefoni, e seguiva il numero.

Non me la sono sentita di disturbarlo, ma gli ho mandato una mail; mi ha risposto, ci siamo scambiati un po' di informazioni reciproche in termini di storie personali e di interessi; mi ha mandato un po' dei suoi ultimi scritti e siamo andati avanti a scambiarci opinioni da laici impegnati. Ci saremmo visti appena passata la buriana.

Poi un giorno, (era il 20 aprile) in risposta ad una mail in cui gli facevo presente che l'ultimo romanzo giallo (l'ottavo di Primo Casadei) era eccessivamente sbilanciato sul versante ideologico-culturale mi rispose che aveva avuto gli stessi rilievi in sede redazionale e aggiunse che questa è l'ultima lettera che le scrivo, purtroppo ho problemi seri da affrontare.

Pernsai a qualche problema di salute vista l'età e non mi sembrò opportuno insistere in tempi di Covid. Ero preoccupato ma venni rassicurato dal fatto che, sulla sua pagina Facebook, dopo mesi di inattività erano comparsi dei ringraziamenti per richieste di amicizia accettate.

Qualche giorno prima mi aveva scritto: "Spero che potremo chiacchierare un giorno in santa pace, sono certo che abbiamo molte cose in comune. Ho pensato di mandarle i PDF di alcuni libri, non è forse proprio quello che è stato pubblicato, ma le differenze se ricordo sono minime. D'altra parte non so proprio quando riuscirò a uscire di casa, i miei amici medici mi hanno detto che con la mia storia clinica se mi prendo il virus posso contare su una attesa di vita di 49 secondi".

Così sono rimasto con i miei dubbi per questo grande uomo che all'inizio degli anni 2000 girò l'Italia come un forsennato per difendere i diritti delle donne contro la legge 40 voluta dalla parte peggiore dello schieramento politico di centro destra. Girava l'Italia nonostante non fosse più un ragazzino: oggi Roma, domani Torino, dopodomani Ferrara … e intanto teneva un diario di quegli incontri (quello della immagine di apertura). E' un diario bello perché ci sono dentro le emozioni scatenate da quegli incontri, le sue delusioni per il tradimento opportunista di qualche ex allievo (cosa si fa per la carriera).

Sono triste, commosso e laicamente propenso a ricordare e a ricordarlo per un impegno civile esemplare. Giunto alle soglie della vecchiaia ha incominciato a scrivere romanzi sulla sua terra e una fortunata serie di gialli romagnoli (la serie di Primo Casadei) che meritano di essere letti anche solo per la raccolta ben incastonata di proverbi romagnoli. Uno dei coprotagonisti è un anziano romagnolo, soprannominato Proverbio, grande giocatore di maraffone ed enciclopedia della saggezza contadina romagnola (forse era il professore).

In questi mesi ho scritto un po' di recensioni, le commentavamo insieme e le trovate qui:

Carlo Flamigni e la sua Romagna
Carlo Flamigni – Orgoglio e povertà (romanzo storico)
Ama il prossimo tuo (Carlo Flamigni)

Purtroppo non abbiamo potuto incontrarci e nè io nè lui pensiamo che ci saranno altre occasioni dopo la morte. Sul suo sito lo stanno ricordando con una sua poesia dedicata alla morte:

Adesso, che tutto è finito
forse puoi dirmelo.
Adesso, che l’odio
non ha più alcun senso.
Non credi che dovresti spiegarmi
se veramente mi hai scelto
tra tanti,
e allora voglio sapere perché
o se questa è la prassi
il protocollo?
Era così semplice
seguire lo schema di sempre,
se esiste uno schema.
Quello che tu e i tuoi padroni
– così si dice –
chiamate protocollo:
un tocco lieve sulla spalla,
un sussurro
“la strada finisce qui”.
Che avrei potuto dire?
Me, come gli altri…
Invece, devi avermi visto
quando sono uscito di casa
se mi hai scelto
“mi hai scelto?”.
Deve essere stato allora,
ricordo
che ascoltavo la voce di mia moglie
che cantava.
Mia moglie canta sempre quando lavora,
e guardavo il tramonto.
Che male c’è, a guardare il tramonto?
Guardavo
scomparire lentamente gli alberi:
la luce e il buio
che si rincorrevano…
certo, non volevo rientrare
non subito almeno.
Era così calda la voce di mia moglie
così familiare il tramonto…
ed ero così contento di essere vivo.
Poi, quando lei ha smesso
ho pensato – strano – ho pensato:
“Lei non fa mai così,
lei smette solo quando mi sente rientrare…”.
E’ stato allora che ho capito,
e quando mi sono girato
ero già livido di rabbia,
perchè sapevo.
Non c’era nessuna casa dietro di me
nessuna donna che cantava
nessun tramonto;
solo buio.
E poi c’eri tu
che mi guardavi senza compassione,
se solo sapessi quanto ti ho odiato…
Adesso
che tutto è finito.
Oggi
che non c’è più ragione per l’odio.
Oggi, forse me lo dirai
– perché non mi piace venire con te –
senza avere almeno una certezza:
è forse questo il protocollo?

 




Il mio parere sul caso “dj Fabo” – di Giovanni Cominelli

La morte è un fenomeno “naturale”, almeno in questa fase della breve storia umana. Tra mille anni, tra un milione di anni – sempre che la specie umana non si suicidi nel frattempo – probabilmente non sarà più così “naturale”; non lo sarà più, quando, nel passaggio alla noosfera integrale, l’intelligenza umana prenderà il controllo totale e creatore della vita.

La Nuova Genesi si sta avvicinando. I dilemmi morali che insorgeranno nel futuro lontano incominciano a bussare alla nostra porta, ma al momento non ci preoccupano.

Oggi si continua a morire. Come l’intelligenza autocosciente accompagni questo fatto vitale – la morte è l’ultimo gesto della vita – dipende da fattori esterni a noi: chi muore giovane, chi anziano, chi sano, chi ammalato, chi d’improvviso, chi cosciente e chi incosciente. I modi di morire sono tanti quanti i modi di vivere.

Se io fossi Fabo. “Condannati” a essere liberi

Che dire della scelta di Fabo? Dibattere, analizzare, invocare codici e codicilli, teologie morali e etiche pubbliche, è un esercizio dovuto e inevitabile, ma, alla fine, piuttosto futile. La domanda da cui uno dovrebbe partire è secca: se io fossi Fabo? Se fossi rinchiuso in un inferno di sofferenza, da cui mi fosse impossibile fuggire, destinata a durare anni, io che scelte farei? La mia personale risposta: mi farei aiutare a morire, come Fabo.

Occorre, intanto, distinguere tra chi è in stato cosciente, ma non è più padrone della propria corporeità, da chi non è più in stato cosciente e vive solo grazie al determinismo biologico assistito medicalmente. La casistica della vita autocosciente, ma paralizzata, è varia. C’è chi è malato di SLA, che imprigiona l’intelligenza dentro il corpo. Così uno mantiene il senso dell’udito e della vista, ma non è più in grado di comunicare, se non con il movimento delle palpebre. Al di là della varietà delle contingenze, la sostanza è che la vita cessa a poco a poco di essere vita umana accettabile.

Di qui la scelta di Fabo. Rispondere a Fabo che non esiste il diritto costituzionale di morire è un sofisma. Infatti: esiste il diritto di vivere in libertà la propria vita. La scelta di rinunciare alla vita è un gesto vitale di libertà, che è la caratteristica fondamentale della specie homo sapiens. Si risponde, ulteriormente: la vita non è tua, ti è stata data, non puoi farne l’uso che vuoi! Solo che l’essenza della vita è la libertà, sennò non è più umana. Non siamo condannati a vivere nella sofferenza senza fine. Le cure palliative, che qualcuno suggerisce, funzionano nel caso del dolore fisico insopportabile. In quello di Fabo, no!

Il caso Fabo, il caso Englaro, il cardinal Martini

Altro caso è quello di chi si trovi in stato di incoscienza e venga alimentato artificialmente. Questa persona non è più in grado di decidere liberamente per sé. Abbiamo davanti una vita che non è più vita umana libera e cosciente. Essa può durare anni.

Nel caso di Eluana Englaro ben diciassette anni.. Chi si assume, in questo caso, la drammatica responsabilità di porre fine a quella vita? È eticamente accettabile porre fine a quella vita? Qui il crinale è pericoloso e scivoloso. Poichè il soggetto non è più in grado di giudicare se la sua vita meriti di essere vissuta in quelle condizioni, qualcuno può decidere al suo posto?

Nella storia, a volte ha deciso lo Stato, con l’eutanasia nazista. A volte, qualche dott. Morte si è impadronito del potere di abbreviare la vita di decine di malati. Le ultime cronache parlano dell’imputazione di omicidio seriale di un aiuto anestesista del Pronto soccorso di Saronno. La risposta pratica che è stata data finora – e che come tale viene quotidianamente sperimentata negli ospedali e negli hospice – è quella che vede protagonisti i familiari del malato: la sedazione unita all’abbandono delle terapie di mantenimento.

Spesso, nel caso di lunghe e fatali agonie, viene praticata verso gli anziani, per abbreviare il cammino verso la morte, con il consenso dei familiari e qualche volta del paziente stesso. Ricordo la lettera inviata il 4 settembre 2012 al Corriere e alla Stampa, dalla nipote del Card. Martini, in cui si rivela che il cardinale ha chiesto di “essere addormentato”. Agonia “accorciata? Agonia “facilitata”?

Una prima ed essenziale risposta alle sorprese tragiche della vita, messa improvvisamente di fronte ai suoi dilemmi mortali, è certamente quella del testamento biologico. Personalmente, non l’ho ancora fatto. Ma avendo già sfiorato un paio di volte l’abisso, lo farò. Voglio sollevare la mia famiglia dalla necessità di prendere decisioni terribili.

Cosa dovrebbe fare lo Stato

Cosa dovrebbe fare lo Stato? Secondo me, nulla. O, per meglio dire: una legge che si limiti a riconoscere ai singoli la libertà di decidere del proprio destino, che obblighi al testamento biologico e che riconosca la libertà/responsabilità delle persone, legate per motivi familiari, affettivi, amicali all’ammalato, di prendere le decisioni, che lui non ha previsto e che ora non è più in grado di prendere.




breve come la morte

Oggi predominano le emozioni; il dj Fabo che serra con i denti il pulsante elettrico che comanda la somministrazione del barbiturico: un paraplegico e cieco ha deciso che quella non era vita.

Gli si contrappongono gli appelli di chi sceglie di vivere. C'è una asimmetria tra il chiedere di poter morire in maniera civile e dignitosa e impedire questa possibilità. Nel primo caso si sceglie, nel secondo si impone: tutto qui.

Il TG1 ha dedicato almeno un quarto d'ora alla notizia di apertura. E' il segno che l'Italia sta cambiando ed è più avanti della sua classe politica. Il testamento biologico e le disposizioni sul fine vita sono una cosa diversa dalla eutanasia attiva; ma sono entrambe importanti . Secondo me sono più importanti delle discussioni sulla fecondazione eterologa. Di essa abbiamo discusso: è ora di discutere di fine vita.


Un po' di vecchi articoli usciti su pensieri in Libertà: commenti a fatti e recensioni cinematografiche

Mare dentro: Alejandro Amenábar

You don’t know Jack: Kevorkian

fine vita – diritti – bene: sono senza parole ma reagisco con pacatezza

fine vita: punti di vista

la giornata del silenzio

la vita senza limiti

La morte di Carlo Lizzani

Mare dentro: Alejandro Amenábar

Le invasioni barbariche: Denys Arcand

 

 




la ricerca della identità perduta

Quella che segue è una storia vera, così come la racconta una amica su Facebook. Ne tratto per sottolineare come il tema della ricerca delle proprie radici non sia banale e nella costruzione della propria identità possa creare problemi anche quando i genitori hanno fatto di tutto per affrontare la questione.

E' la esplicitazione di una diversità che ti nasce dentro? E' la ribellione adolescenziale all'aver trovato la pappa fatta? E' un modo di esternare qualcosa che non ha funzionato nel rapporto con i genitori?

La mia prima esperienza di rottura con il quieto vivere è stata l'adesione a Gioventù Studentesca quando avevo 16 anni (ne racconto in 1961-1964: gli anni di GS della autobiografia). Il quieto vivere lo bollavamo dando del borghese a qualsiasi cosa: i riti religiosi, la organizzazione della vita, i rapporti tra le persone.

Ad un certo punto del processo di crescita si rompe qualche cosa e si decide di fare da sè, di buttare tutto ciò che c'è stato prima, che tuo padre non ti capisce, che tua madre è una stronza, che … che …

Dovrebbero pensarci tutti coloro che affrontano il tema della genitorialità esclusivamente basandosi sulla linea del politicamente corretto come è accaduto in certi dibattiti sulla stepchild adoption.

Chi sono? Da dove vengo? Ogni tanto se ne parla con mia figlia che ha adottato due bei bimbi (sorella e fratelllo) arrivati dall'Estremo Oriente Russo e che hanno iniziato ad andare a scuola qui.

Nella nostra testa ci sono cose che si dicono, cose che non si dicono ma si pensano, cose che si sentono. Io qui sto bene ma … Ma c'è l'interazione con i compagni, c'è il problema di cosa scrivere quando ti chiedono di raccontare della tua infanzia, della casa dei bambini, dei sapori della infanzia, degli odori, dei rumori …

Il rapporto con il proprio passato è una cosa complicata, del tutto irrazionale che salta fuori quando meno te l'aspetti. Se poi questo passato ha radici islamiche e tu vivi in Occidente ci vuol poco a pensare in termini di occidente corrotto, di male assoluto. E' la liberazione del Santo Sepolcro vista all'incontrario.


il racconto

Conosco (abbastanza bene, da 16 anni) una famiglia di immigrati. Ho chiesto alla signora il permesso si condividere su fb queste mie riflessioni: me l'ha concesso perché "ha paura" (testuale).

Dunque: in Italia da molti anni, provenienti da un Paese europeo ex comunista; atei in patria entrambi per obbligo di legge, lei di famiglia vagamente ortodossa, lui di famiglia vagamente musulmana. Giovani, carini, grandi lavoratori. Lavori umili, soprattutto lei, e tenore di vita modesto; entrambi grati di essere scampati alla miseria nera in cui vivevano nel loro Paese, soprattutto al crollo del regime.

I figli nascono in italia, frequentano con profitto le scuole, usufuriscono di tutte le prestazioni sanitarie e sociali riservate in forma totalmente gratuita alle famiglie a basso reddito: piscine e palestre comunali, campi scuola, vacanze estive. e buoni casa, buoni scuola (per i libri), borse di studio per merito, corsi di teatro, di musica, etc..

La mamma è tendenzialmente sottomessa al marito, molto piu delle sue amiche italiane, ma ha – appunto – amiche italiane, esce, ride, scherza, sdrammatizza. frequenta il consultorio e i corsi di ballo delle strutture pubbliche. Essendo molto bella, di una bellezza esotica, per arrotondare fa anche la figurante in film e fiction.

Perché ve ne parlo, vi starete chiedendo. Perché via via che il figlio maggiore cresce, inizia a lamentarsi dell'ingiustizia della sua condizione: i suoi genitori svolgono mestieri umili, e non le professioni per cui in patria hanno studiato; lui e il fratello conducono una vita notevolmente più misera dei loro coetanei italiani figli di professionisti. Non è giusto, comincia a dire.

La madre, lungimirante, valuta l'ipotesi di trasferirsi in un quartiere meno borghese di monteverde, ma ha una casa in affitto ad un buon prezzo, un municipio amico e la gran parte dei suoi lavori (fa la domestica) a un tiro di schioppo da casa; idem il padre, che ristruttura case di pregio. Trasferendosi, rischierebbero di pagare un affitto maggiore, perdere clienti, impiegare molto tempo negli spostamenti (il traffico di Roma è terribile):

Restano nel quartiere, il figlio continua a macinare rancore. Comincia a frequentare un centro culturale islamico (lui, che insieme al fratello è stato per inerzia e voglia di integrazione dei genitori battezzato cattolico), e a polemizzare con il padre che permette alla moglie di lavorare per il cinema.

Comincia a rifiutare di farsi fotografare insieme alla madre nelle occasioni conviviali: è vestita in maniera sconveniente. I genitori cercano di parlarci, di sgridarlo: quando butta le birre del padre, becca pure uno sganassone.

Comincia a farsi crescere la barba (peluria, in realtà, e troppo giovane), nonostante sia caldo – era la scorsa estate – rifiuta i bermuda e indossa ampie camicie bianche su pantaloni larghi: di più i genitori non gli permettono (non l'uniforme islamica, per capirci).

La madre, angosciata, comincia a sentirlo parlare di una sorta di terra promessa, un califfato dove i buoni musulmani possono trasferirsi, vivere in pace osservando la sharia, trovare un buon lavoro e praticare uno stile di vita adeguato.

E' minorenne, e la madre lo allontana dall' Italia, mandandolo a completare le scuole in un severissimo collegio tedesco: per finanziare il tutto, svende quel che definiva la propria pensione per la vecchiaia: due locali per negozi, acquistati nella capitale del proprio paese, nel frattempo commercialmente "sbocciata".

Lui va e studia, non sgarra; nel collegio ci sono solo altri due ragazzi musulmani, ma – pare – poco interessati al jihad ed un buon programma didattico/psicologico di prevenzione dell'integralismo.

Il ragazzo diventa freddo nei rapporti con la famiglia, i genitori in continuazione si chiedono se abbiano fatto la scelta giusta. Parla solo con il fratello piccolo, cui confida: "tanto appena compio diciotto anni, parto":

Quanto è difficile, ma quanto lo è, amici miei.


 




sarà colpa dell’utero o del cervello?

La vignetta qui a lato circola in rete, è sufficientemente soft ed aiuta a pensare. La pubblico per questa ragione.

Alcune dichiarazioni che continuo ad ascoltare dai telegiornali mi hanno fatto venire in mente il periodo in cui, per dire che una cosa era frutto più di pulsioni viscerali che di ragionamento, si diceva: hai fatto una considerazione uterina. E poiché isteria viene dal greco Hysteron = utero la identificazione tra uterino e isterico era cosa fatta.

Ci hanno pensato la scienza e il movimento delle donne a chiudere la partita, ma teniamo conto che questa tesi antiscientifica e discriminatoria fece da base ai lavori di Sigmund Freud.

Di cose su cui riflettere, in una prospettiva di soluzione pacata delle problematiche della gravidanza surrogata ce ne sarebbero molte e anche ieri ho condiviso un articolo di Michela Murgia che, pur partendo da una assunzione, che non condivido, sulla sostanziale liceità di quella pratica, svolgeva poi una serie di considerazioni analitiche intorno alle problematiche di natura giuridica che l'esistenza di quella patica pone in maniera del tutto indipendente dal giudizio che ne diamo.

Faccio un esempio: possiamo ignorare il fatto che alcune legislazioni trasferiscono alla coppia affittuaria dei poteri sul corpo e sulla libertà della donna che viene affittata? Questi hanno il diritto di obbligarla ad abortire uno dei due in caso di gravidanza gemellare o di malattie genetiche. Si tratta di questioni aberranti, ma in essere.

E' in discussione persino se si debba parlare di gravidanza surrogata o di maternità surrogata e, ovviamente, la scelta non è neutrale perchè l'uso del secondo termine chiude la porta in faccia al diritto di esercitare contestualmente, da parte di altri, una qualche poestà genitoriale.

In altri contesti si banalizza e sono i politici, favorevoli o contrari a farlo. Ieri ho polemizzato sulle domande retoriche di Gasparri facendo presente che il quanto costa è un tema che coinvolge pesantemente le famiglie adottive e la politica farebbe bene a farsene carico. Oggi mi viene da dire la stessa cosa di Bersani ("Sono molto amico di Vendola, lo stimo, rispetto le scelte individuali, ma non da oggi dico che l'utero in affitto non mi convince"…). Se non ti convince e sei Bersani, che poi viene ritrasmesso in televisione, vuoi dire perché?

Un'amica, anche lei impegnata  politicamente ha sostenuto oggi che se non abbiamo nulla da eccepire sul fatto che una donna possa scegliere liberamente di prostitursi, altrettanto dobbiamo ammettere che possa dedicarsi all'affitto del proprio corpo per far crescere i bambini.

Sono rimasto allibito e ho osservato che una scopata e una gravidanza, in termini di implicazioni, sono due cose abbastanza diverse. E' questo approccio semplificatorio che non mi convince.

Si parla del diritto del bambino a crescere in una famiglia. Bene. La adozione è una cosa molto complicata e difficile. Cosa dirà quel bambino, una volta cresciuto, nello scoprire che la sua nascita è frutto del seme di uno dei due papà (o dell'ovulo di una delle due mamme), di un ovulo preso a prestito non si sa da chi e di un utero affittato da una terza donna che lo ha fatto per danaro. E spazziamo il campo dal tema della omosessualità. Il problema è identico per le coppie etrosessuali che si servono di tali pratiche.

Qualcuno vuole parlare della gestione della genitorialità, e delle difficoltà, dei problemi, già in contesti adottivi in cui la madre naturale è stata giudicata da un tribunale inidonea a svolgere quel ruolo? Cosa accadrà ai bambini dei casi citati al paragrafo precedente?

Sono questioni pesanti e che hanno bisogno di approfondimento. Mi piacerebbe che i politici se ne stessero zitti per un po' e che in televisione si vedessero magistrati, psichiatri, associazioni delle famiglie adottive e di quelle affidatarie, esperti di scienze della vita.

 




i piedi per terra

E' in atto una sgangherata polemica contro Nicki Vendola che si è permesso di optare per la gravidanza surrogata. Personalmente sono fortemente contrario a questa pratica in tutte le sue varianti mentre, come mi è già capitato di scrivere, penso che il tema del matrimonio tra omosessuali sia una cosa che, prima o poi andrà affrontata, tirandosi dietro automaticamente la soluzione al tema della adozione dentro coppie omosessuali.

Il vero problema, a me, pare quello.

Trovo però penosa la discussione innescata da quelli,  come Gasparri, che urlano vogliamo sapere quanti soldi ha speso Vendola, non si comperano i bambini.

Io non lo so quanti soldi ha speso Vendola, ma so che mia figlia e mio genero, per adottare in Federazione Russa una coppia di fratellini che ora sono parte e centro della nostra famiglia, hanno dovuto fare un finanziamento di qualche decina di migliaia di euro tra pratiche, viaggi e pagamento degli enti facilitatori. E quel finanziamento, quasi quattro anni dopo, lo stanno ancora pagando.

Nel frattempo lo stato e la regione, per difficoltà di bilancio, hanno smesso anche di erogare i contributi parziali che concedevano seppur in ritardo. Sono queste le risposte che io darei alle polemiche sgangherate della destra.

Sapete cosa mi consola: sono certo che quando il PD presenterà un progetto di legge per rivedere tutto il tema delle adozioni, si discuterà a partire dai casi più diffusi, quelli tra coppie etrosessuali, giungendo poi a normare anche gli altri casi e non viceversa. E si affronterà anche il tema del costo, delle verifiche da fare, delle pratiche inutili, dei tempi di risposta, ….

Non è vero che è un percorso impossibile, è vero che è un percorso complicato.

Questa è la politica che mi piace: si affrontano tematiche sui diritti partendo dal contesto di società in cui si opera e non viceversa. Sono concetti difficili da capire per i giornalisti e i politici che amano strillare e non hanno capito che su queste faccende l'era di Renzi segna un cambiamento di rotta: si fanno le cose e si fanno quelle giuste.

Si allarga il consenso in Parlamento; evviva. Un altro titolo di questo post avrebbe potuto essere "senza s(S)peranza".

 




ancora sulle Unioni Civili

Stiamo per arrivare al dunque  e dico la mia più da esponente della società civile che della società politica.

Sarebbe sbagliato rinviare perché in Italia il rinvio migliorativo è sempre stato lo strumento per non fare le cose. In alcune province italiane tra il 20 e il 40% dei nuovi nati nascono da unioni di fatto e già questo elemento ci dice della urgenza e necessità di una regolamentazione in termini di diritti e di doveri.

E' del tutto evidente che sulla questione del matrimonio tra omosessuali il nostro paese ha delle forti resistenze che non derivano tanto dal primato di una presunta maggioranza cattolica, ma dal fatto che la nostra cultura diffusa è, allo stato, molto diversa da quella di altri paesi del mondo occidentale. Si è fatto bene a non incardinare il dibattito sul tema matrimonio sì, matrimonio no, perché alla fine non si sarebbe combinato nulla.

Considero sbagliata la posizione di chi, dentro e fuori il PD, introduce nel tema delle unioni civili, attraverso degli escamotage, problematiche che dovrebbero invece rinviare al tema del matrimonio tra coppie dello stesso sesso. Rientrano in questo ambito la adozione, in tutte le sue varianti e la pensione di reversibilità. Per quest'ultima credo che il tema possa essere affrontato prevedendo non automatismo ma gradualità nei processi applicativi, in modo di evitare trucchi in cui gli italiani sono maestri.
Esemplifico: A e B (vedovi) convivono ma non si sposano per non perdere le pensioni di revesibilità dei coniugi defunti. Quando A sta per morire A e B registrano la loro unione e così B potrà avere la pensione di A. Come è noto il tema è ampio e ricco e riguarda anche i finti matrimoni di donne straniere che sposano anziani per acquisire la cittadinanza.

Dal punto di vista della chiarezza e della leggibilità sarebbe stato meglio enumerare in maniera esplicita tutto ciò che, attraverso l'Unione Civile, viene garantito e ciò che non viene garantito in termini di diritti e di doveri rinviando alla azione della magistratura tutto e solo ciò che non viene esplicitamente richiamato dalla legge. Invece il testo è pieno di rinvii, aggiunte, modifiche lessicali a testi già in vigore.

Per evitare i rinvii e modifiche alla legislazione vigente (codice civile) con il rischio di letture paramatrimoniali bastava essere espliciti e scrivere un testo di tipo propositivo-affermativo anziché emendativo. Quando si fa così la legge risulta più chiara e basta poi un unico articolo che rimanda alla abrogazione e integazione di tutto ciò che nella legislazione vigente risulti in contrasto..

Non capisco il can can che si sta facendo sulla stepchild adoption. I figli riconosciuti di uno dei due partner provengono o da un precedente legame eterosessuale (e allora l'altro genitore esiste già) o da qualche pasticcio prodotto dalla tecnologia genetica che, invece, è bene non agevolare per evitare il buco nella diga che poi determina una reazione a catena. Solo nel caso di morte del genitore presente all'interno della unione civile affiderei ad una indagine della magistratura minorile rapida (nell'interesse del minore) l'eventuale affido all'altro partner mettendo il partner sullo stesso piano dei parenti più o meno prossimi.  Meno casi si affidano alla magistratura e maggiore è la probabilità che la decisione sia rapida, approfondita e giusta. Alla tesi di chi sostiene che l'intervento si fa nell'interesse del minore rispondo che mentre sono favorevole alla adozione da parte di un single, sono del tutto contrario ad estendere la genitorialità ad una coppia formata da persone dello stesso sesso. Chi lo sostiene dovrebbe spiegarmi in che senso sia nell'interesse di un minore avere due madri o due padri. Come ho già avuto modo di osservare, chi sostiene questa tesi dovrebbe avere il coraggio di affermare che la genitorialità nulla ha a che fare con i processi biologici e sostenere che i genitori possono, su richiesta, essere ben più di due.

Mentre sono del tutto favorevole alla fecondazione eterologa ritengo barbara, incivile, classista e disumana la pratica dell'utero in affitto (o maternità surrogata) e penso che in tale caso chi la pratica non debba poter disporre di scorciatoie al proprio egoismo nel nome dei diritti del minore. Basterebbe studiare un po' di neuroscienze per comprendere che semmai i diritti del minore riguardano la madre che ha condotto a termine la gravidanza e non la partner di chi ha donato l'ovulo, l'ha fatto fecondare con lo sperma di uno sconosciuto e l'ha fatto impiantare nell'utero di un'altra donna.

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Ma poichè stiamo per arrivare al dunque: nessun ricatto da parte di chicchessia, eventuale stralcio degli elementi molto divisivi, portare a casa un risultato.

 




Il disegno di legge sulle coppie di fatto

Siamo in dirittura d'arrivo e, spinto dalla curiosità mi sono scaricato il testo del disegno di legge "disciplina delle unioni civili". L'immagine qui a lato è un po' forte, ma vuole sottolineare una questione: tutto ciò che si fonda su un vincolo d'amore è da considerare famiglia?

Finalmente ci siamo con il riconoscimento di diritti e doveri; ma vi dico cosa non mi convince: a fronte di una serie di benefit via via crescenti, credo che si dovrebbero graduare le condizioni che li fanno scattare per evitare gli imbrogli all'Italiana. Mi riferisco, per esempio, alle pensioni di reversibilità.

Penso che sia giusto parlare del problema delle coppie di fatto senza discriminare da omo ed eterosessuali, ma su certe tematiche, secondo me, una distinzione va fatta tra chi potrebbe avere automaticamente certi diritti sposandosi (gli etrosessuali) e chi tali diritti li acquisisce solo entro il quadro delle coppie di fatto (gli omosessuali).

Trovo molto delicata la questione della adozione, da parte dell'altro partner dello stesso genere, di un figlio già riconosciuto da uno dei due. Si dice che lo si fa nell'interesse del figlio e non in difesa dei presunti diritti della coppia.

Cerchiamo di capirci: il minore X è figlio del signor Y che l'ha generato all'estero attraverso il sistema dell'utero in affitto. Il nostro sistema giuridico vieta (giustamente) questa pratica, ma riconosce l'affiliazione. Dunque X ha un padre Y. Z è dello stesso sesso di Y e si ipotizza di farlo diventare la madre (o se vi piace di più il secondo genitore di X) nell'interesse del bambino continuando a conservare sia il non riconoscimento del matrimonio omosessuale, sia la impossibilità di adozione da parte di coppie omosessuali.

Mi pare che ci sia qualcosa di poco chiaro e che la questione non cambi se Y e Z sono due donne e dunque Y ha magari fatto una regolare gravidanza utilizzando il seme di un donatore.

A costo di passare per uno sporco reazionario continuo a pensare che una cosa siano i diritti e un'altra il rovesciamento delle leggi di natura. Non ce li vedo un padre e una madre dello stesso sesso. Nessuna discriminazione in termini di diritti, ma anche nessuna confusione e nessun escamotage in nome di diritti del minore che scatterebbero in virtù di una pratca negata dal nostro sistema giuridico.

Sono invece a favore della adozione da parte dei single, penso che alcune tutele sui figli vadano estese anche al partner (non genitore) di una coppia di fatto.

Il quadro del sentire e della morale comune sono in evoluzione e mi piacerebbe che da parte di tutti, favorevoli e contrari ci fosse la coscienza che non si deve bloccare una estensione dei diritti su una questione su cui oggi non c'è accordo in nome di battaglie di principio.


Scheda ANSA sulla stepchild adoption