Le Pen solo terza

Oggi era san Claudio, nessuno mi ha fatto gli auguri, ma quelli più sinceri me li ha fatti il popolo europeo che, da sempre, amo più di ogni altro.

C’era il pericolo che vincesse una estrema destra, molto più estrema, di Fratelli d’Italia e invece la Le Pen arriva terza, vince il fronte popolare, subito tallonato dal partito di Macron e fanno un bel risultato anche i repubblicani ex gollisti.

Ho appena avuto il tempo di esultare ed è comparso in video Melanchon con una dichiarazione abbastanza arrogante: niente accordi, niente consultazioni, niente macroniani, dobbiamo governare noi. Come se questo riusultato molto positivo non fosse figlio del patto di desistenza.

Ho sentito qualche commentatore più informato di me affermare che la sinistra moderata francese aveva già chiarito che l’accordo con Melanchon sarebbe finito a scrutinio effettuato perché la tradizione progressista francese non si fonda su derive estremiste e in quel caso il via alle danze lo avrebbe dato proprio quello che doveva evitare certe sparate.

Da domani si vede. Sembra comunque che stasera Salvini si sia bevuto una cassa di bottiglie di Cynar nella speranza di attenuare gli effetti del travaso di bile.

 

 




Pietro Fiocchi punta e spara

pietro fiocchi in campagna elettorale

L’Onorevole Pietro Fiocchi, attuale parlamentare europeo, si presenta di nuovo alle elezioni con due manifesti. Con uno si rivolge alla signorina Greta Thunberg, con l’altro mostra la sua abilità nell’usare un fucile.

il manifesto con Greta Thunberg

Nel primo manifesto usa la foto della signorina Thunberg da minorenne. Come esperto parlamentare europeo l’On. Fiocchi conosce bene le regole europee sulla privacy, quindi ha certamente chiesto alla signorina Thunberg, oggi maggiorenne, il permesso di usare la sua immagine per fare propaganda politica.

Giustamente l’Onorevole si rivolge alla signorina Thunberg in inglese, sapendo che la famosa Greta parla inglese molto meglio della media dei coetanei italiani. I nostri studenti, infatti, sono costretti a pagare corsi privati per ottenere un banale certificato B2 che spesso la scuola non è in grado di fornire neanche dopo oltre 1.000 ore di lezione in classe.

Convinto del grande valore dell’istruzione, l’On. Fiocchi dice alla sopra citata Thunberg “Go back to school!” (con punto esclamativo d’ordinanza). Qualche superficialotto potrebbe pensare che l’invito sia motivato da una presunta ignoranza di ritorno attribuita alla signorina Thunberg, persona molto più famosa dell’On. Fiocchi.

In realtà, da profondo conoscitore delle politiche europee sulla formazione continua, l’On. Fiocchi vuole qui ribadire l’importanza della Formazione Permanente, una delle grandi finalità del sistema formativo stabilite dalla “DGXXII Lifelong Learning Programme – Jean Monnet Programme, Key Activity 1 – Information and Research Activities for Learning EU at School

Il manifesto punta e spara

Con il secondo manifesto l’On. Fiocchi si presenta a noi elettori come modello pacifista per tutti i movimenti progressisti europei. Infatti, come si evidenzia dalla famosa foto con il fucile, l’Onorevole punta al bersaglio avvicinando l’occhio destro al retro dell’arma.

E’ un chiaro messaggio pacifista di invito a non usare mai un fucile. Infatti, come sa bene qualunque cittadino che ha fatto la naja, usando in questo modo il fucile si hanno a disposizione solo due colpi in tutta la vita. Con il primo colpo il rinculo dell’arma provoca la perdita di un occhio. Con il secondo colpo la cecità diviene completa e definitiva.

Grazie Onorevole Pietro Fiocchi! Con la tua propaganda elettorale sei riuscito a convincerci sia dell’importanza della Formazione Permanente, sia dei pericoli insiti nell’uso delle armi.

Spero tanto che tu venga rieletto al Parlamento Europeo e che tu possa continuare il prezioso lavoro che in quella sede hai fatto in questi anni. A proposito, quale lavoro? Probabilmente era un lavoro sommerso, molto sommerso. Infatti non ho idea di cosa hai fatto in quella sede.

E’ vero che non ho mai saputo cosa hai combinato come parlamentare europeo, ma è anche vero che non mi viene in mente neanche il nome di uno solo dei tuoi colleghi parlamentari, neppure di quelli che io stesso ho contribuito a eleggere cinque anni fa.
A proposito (te lo chiedo sottovoce) mi sai dire a cosa serve il Parlamento Europeo?

 




Scurati e prete Liprando

nuvola sul caso Scurati RAI

I peggiori nemici di Giorgia Meloni sono i suoi collaboratori. Dovrebbero fare i lavapiatti nel retro di un ristorante dozzinale e invece li hanno messi in posti apicali ovunque ci sia la possibilità di agire contro la “egemonia” della sinistra. In questo caso non ci si è messo quello di Capodanno con la pistola ma un altro pistola che fa il dirigente alla RAI.

Quando oggi ho visto il post di Serena Bortone che dichiarava il suo stupore per l’annullamento del contratto di Scurati alla sua trasmissione dove avrebbe dovuto fare un monologo su Giacomo Matteotti e il significato del 25 aprile mi sono detto, ma perché Scurati, a fronte dell’annullamento del contratto, non ha dichiarato che sarebbe venuto lo stesso, gratuitamente, come fece il prete Liprando nella bellissima canzone di Jannacci?

Prete Liprando, ben visto dai poveri Cristi,
andò dall’arcivescovo Agiosolano, in Sant’Ambrogio:
“Sei ladro e simoniaco, – gli disse –
venduto all’Imperatore, quel porco..” “Cus’ee?!?
– disse l’Arcivescovo infuriato –
Come ti permetti, prete? Sono ex-combattente;
ho fatto la prima crociata, e anche la terza!
(…la seconda no, perchè ero malato…)
Prete Liprando rispose: “Lo so, più d’una città hai conquistata;
lo so, più d’una città tu hai insanguinata;
e adesso, Milano tu vuoi, incatenata, vederla prostrata!”
“Liprando, a ‘sto punto esigo il Giudizio di Dio:
dovrai camminare sui carboni (s’intende, ardenti!);
le fascine di legna, quaranta (“Quaranta?”)
s’intende, le pago io.
Se tu non uscirai per niente arrostito,
io me ne andrò dalla città solo e umiliato,
e per giunta, appiedato!
“Prete Liprando, domani, al calar del sole
affronterà il Giudizio di Dio in Piazza Sant’Ambrogio!”
Quaranta fascine furono ammucchiate in una catasta;
la gente veniva fin da Venegòno e da Biandrate:
“Indietro, su, non spingete, per Diana!
C’è il fuoco, non lo vedete? ” “Ma io non vedo niente;
non vedo un’accidente! Son venuto da Como per niente!”
“Tornate tutti a casa! Non se ne fa più niente!
Il Papa, da Romas l’ha proibito: lo spettacolo è finito!”
“Ed io lo faccio lo stesso! – disse prete Liprando –
ma le fascine, quaranta!- io non ce le ho!…”
…La gente portava le fascine fin da Biandrate;
facevano un sacco di fumo: la gente tossiva,
tossiva e piangeva, ma non si muoveva!
Che popolo pio! Voleva vedere il Giudizio di Dio!

“E io lo faccio lo stesso disse il prete Liprando, ma le quaranta fascine io non ce le ho…”  A Scurati non mancavano di sicuro le 40 fascine per mettere il portaborse di Giorgia Meloni in difficoltà presentandosi gratis alla Rai.

Tutto ciò l’avevo pensato prima che scoppiasse il casino (a colpi di 1500, no 1800 € per 1 minuto di monologo) da cui Giorgia Meloni ha tentato di sciogliersi pubblicando lei il discorso di Scurati, ma ormai i suoi leccapiedi l’avevano fatta grossa.

Pensate che bello “racconti che io volevo 1800, tu proponevi 1500 e a me non stava bene? Sai cosa ti dico … ci vengo gratis“. E io lo faccio lo stesso disse il prete Liutprando. Credendo di farle un piacere le hanno creato un casino, ma il finale alla prete Liutprando mi sarebbe piaciuto di più. Questo è il testo integrale del monologo con il finalino che ha fatto schiacciare una palla al dirigente RAI mentre si sedeva dopo aver letto il monologo rigorosamente in piedi.

Prete Liprando cantata da Enzo Jannacci

Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.



strizzatore per il mocio

secchi lavapavimenti e strizzatori per il mocio

secchi lavapavimenti e strizzatori per il mocio

Ci sono delle cose che non sopporto in questa società dell’usa e getta in cui riciclare vuol dire distruggere e che derivano da due elementi della mia storia  e della mia cultura: sono brianzolo e sono un perito industriale.

Ho osservato da tempo che nei discount, accanto allo scaffale dei detersivi, vendono il secchio lavapavimenti incluso di mocio con asta e di accessorio montato sul secchio per strizzare il mocio. Il prezzo è accattivante, sui 10 €, ma se chiedi di acquistare il solo accessorio ti dicono che non si può.

Lo strizzamocio è l’unica parte del tutto che si rompe perché per strizzare devi esercitare una certa forza e ruotare e, con il tempo, i due bordi che si incastrano nel secchio finiscono per rompersi.

Preso atto che nei discount non c’è verso di uscirne ho provato con Amazon ed ecco il risultato: il secchio con accessorio incluso costa di più dell’accessorio singolo: deve averlo deciso Xi Jinping (習近平, 习近平) e dunque bisogna rassegnarsi. In realtà Amazon propone un accessorio abbastanza della mutua a un euro e cinquanta ma in quel caso la spedizione è di 30 €.

Ormai viviamo in una società fatta così e il mio brianzolismo (cultura del risparmio) e il mio peritismo (le cose si aggiustano, non si buttano) ne soffrono. Ti si rompe la centralina della lavatrice che ha 7 anni; viene l’omino della manutenzione e ti dice che quel pezzo non è più disponibile; così la butti via e butti, a parte la struttura e il cestello materiale da cablaggio, due pompe e un motore perfettamente funzionanti. Lo stesso per i frigoriferi e per il materiale elettronico (per il quale stanno però sorgendo società che si occupano di riciclo).

Recentemente ho portato in discarica un ferro da stiro con caldaia della Tefal bellissimo e robusto, di quelli autopulenti perché si è rotto il termostato del ferro (tutto ok alla caldaia e alla sua elettronica e impiantistica) e Tefal non lo vende più.

A Villasanta il mio ciclista fai da te mi era subito piaciuto perché come compressore utilizzava quello di un vecchio frigorifero; metteva in compressione la bombola dell’impianto ad aria compressa e gonfiava le camere d’aria di bici e motorini.

Che non vi venga in mente di farvi tentare dallo strizzatore fighissimo della Vileda (manico telescopico e secchio a pedale).

Quel pedale comanda una cremagliera collegata ad una ruota dentata che fa girare lo strizzatore. Sia la cremagliera sia la ruota dentata sono fatte in nylon e anche senza la rottura di un dente basta un niente per creare un disallineamento e non gira più nulla.

E cosa dire dell’acqua gasata. Il nostro comune, abbastanza avanti, ha installato le casine dell’acqua e se ci vai con le tue bottiglie in vetro eviti di mettere in circolo tutta quella plastica ad un prezzo concorrenziale oltre che politicamente corretto. Ma il livello medio del cittadino-consumatore non funziona così e allora i cassonetti del multimateriale sono costantemente stipati di queste bottiglie in plastica che non si fa nemmeno la fatica di comprimere e attorcigliare per diminuire l’ingombro. Sono gli stessi che si lamentano delle tariffe della TARI e non riflettono sul fatto che il costo per il comune non è a peso ma a viaggio.

Io ho risolto il problema con soda-stream visto che l’acqua del nostro acquedotto è buona, ma 13€ e 50 per ogni bombola di ricarica (che fa circa 80 litri) mi sembrava una tariffa piuttosto alta. Mi sono dato da fare ed ho scoperto che a Siena e Grosseto c’è una società che vende su scala industriale gas di varie tipologie. Ci porti le tue bombolette vuote e te ne danno altre piene; la ricarica costa 5 € e il brianzolo è soddisfatto.

A parte l’ironia sui brianzoli, questa società fondata sulla obsolescenza programmata perché così si incrementa la produzione, non mi piace. Vogliamo parlare delle automobili? ….

 

 

 




Milano in farmacia e gli anziani

Milano, farmacia di via Forze Armate. “Ne avrebbe uno nella scatola verde?

Il farmacista la guarda un po’ sorpreso e risponde che va a vedere. La signora è molto anziana. Cappotto scuro. Con la schiena curva perde una decina di centimetri della sua altezza. Se la schiena fosse dritta arriverebbe poco sopra al bancone di vendita. Invece, così curva, arriva appena a mostrare gli spessi occhiali sopra al bancone.

Quando ritorna, il farmacista le porta tre scatole con i farmaci equivalenti a quello richiesto. Una scatola è gialla. Un’altra ha disegnata una larga barra blu e la terza una piccola barra verde chiaro. “Prendo questa

Mi scusi, signora, ma questa è blu. Se preferisce quella verde può prendere quest’altra…” – “Parli più forte che non la sento

Non la voleva verde? Questa è verde…” – “No, prendo quella blu

Il farmacista, un simpatico napoletano molto accogliente, è un po’ perplesso, ma non sembra meravigliato. Forse già conosce la cliente. E’ però curioso e a voce alta, come richiesto dalla donna, le chiede il motivo del cambio di colore.

Adesso le spiego. Volevo la scatola verde per non confondermi con le altre medicine che prendo. Però prendo la blu perché la scatola verde che lei ha in mano è troppo grande. Se la metto nell’armadietto poi faccio confusione perché non vedo più le scatole delle medicine che stanno dietro…

Il farmacista risponde con un paio di parole e qualche gesto di comprensione, poi calcola il totale da pagare. Fra banconote, monete, resto ed errori vari il pagamento richiede qualche minuto, ma alla fine la signora se ne va contenta con la sua medicina nella scatola blu.

Nel frattempo si era formata una coda di clienti. Alcuni erano impazienti, altri come me guardavano curiosi la strana scena. Tutti eravamo costretti a servirci dell’unico altro bancone, dove a servire i clienti c’era una giovane dottoressa con la pelle nerissima. Era talmente nera che, con il contrasto del camice bianco, sembrava scappata da un esperimento fotografico di inizio Novecento.

Il cliente davanti a me parlava con la farmacista a voce molto alta, scandendo le parole una ad una. Evidentemente pensava di essere nella jungla congolese e cercava di comunicare alla bell’e meglio con la negra figlia di cannibali. Sentendomi responsabilizzato da questo sforzo comunicativo intercontinentale stavo già preparando la mia frase comprensibile all’immigrata africana “Io comprare medicina testa dolore…“.

Mentre pensavo ai più semplici verbi all’infinito, magari conditi con qualche gesto manuale, sentivo la risposta della farmacista che, in perfetto italiano con accento lombardo, parlava senza sbagliare un solo congiuntivo (chiaramente non era adatta a fare la Ministra del Merito…). Rispondeva al cliente parlando degli effetti collaterali del farmaco richiesto. Inoltre gli spiegava alcuni meccanismi burocratici della ASL che gli impedivano di evitare il ticket. Gli suggeriva poi di recarsi a un certo ufficio ASL, di cui scriveva l’indirizzo su un foglietto, per chiedere il rinnovo dell’esenzione del ticket.

Un po’ imbambolato nell’ascoltare queste indicazioni così precise, vengo svegliato dal cliente in coda dopo di me che mi fa notare che l’altro farmacista, il simpatico napoletano, mi sta aspettando da un po’, dopo che la signora con la medicina verde era già uscita dalla farmacia.

Anche questa è Milano…

 




p v ¬p = vero

Si fa un gran parlare del rischio che la intelligenza artificiale possa soppiantare la creatività umana e in particolare quella giornalistica data la possibilità di attingere per la sua formazione di base a banche dati sterminate cosa che la mente umana non riuscirebbe a fare.

Il rischio è reale e, personalmente, la cosa non mi spaventa più di tanto: la mia tesi di laurea del 1970 verteva sulla logica ad infiniti valori e sui corrispondenti fuzzy set che vedevamo come primi passi sul terreno della intelligenza artificiale.

Poi mi capita di ascoltare a Stampa e Regime su Radio Radicale l’articolo di uno di quei sapientoni di politica estera pagati profumatamente e osannati; ero in macchina e mi è sfuggito il cognome, ma non mi è sfuggita la argomentazione raffinata: per l’attentato di Mosca ci sono solo due possibilità:

  • è stato organizzato direttamente o indirettamente dai servizi segreti russi con lo scopo di accusare poi l’Ucraina
  • è stato organizzato e gestito come si dichiara nella rivendicazione da Isis-K

Dai tempi di Aristotele, ma forse anche prima, se p è vero, non p è falso e la frase disgiunta è vera; se p è falso, non p è vero e la frase disgiunta è vera. Non si scappa; questione di logica elementare.

L’illustre commentatore poteva anche dire che l’attentato l’ha organizzato mio zio oppure non l’ha organizzato mio zio. Un qualunque articolo generato dalla intelligenza artificiale avrebbe esaminato le mille sfaccettature del reale e anche quelle del mondo immaginario assegnando a ciascuna di esse un certa percentuale di plausibilità.

Meno male che c’è l’intelligenza artificiale che potra anche servire all’addestramento delle professioni intellettuali e a scremare  dal gruppo quelli che, sarebbe meglio, si occupassero di funzioni puramente esecutive di tipo molto semplice, non come quelle che fa un robot di quelli utilizzati nella automazione industriale (troppo complesse per il nostro analista).

 

 




sanità dell’empireo e sanità pratica

Sulle questioni della sanità pubblica ci sono due livelli di dibattito: le grandi discussioni, la programmazione, le Regioni, la Corte dei Conti … e poi c’è quella concreta del cittadino-utente-paziente.

Come sanno i miei amici di Facebook sono alle prese con un problema di salute legato alla mia colonna che, con l’età, va degenerando e cartilagini e formazioni ossee hanno iniziato a comprimere il midollo spinale e le zone da cui partono le radici nervose del nervo sciatico su entrambe le gambe.

All’inizio ho provato  di tutto: farmaci antinfiammatori, miorilassanti, fisioterapia, terme, fanghi e poi ho dovuto prendere atto che era roba da neurochirurgia. Per fortuna, il vantaggio di avere insegnato con passione per tutta la vita mi colloca in una condizione di privilegio e dunque ho qualche ex alunno che posso interpellare alzando il telefono. E’ sempre un piacere risentirli, ricordare il passato e parlare della meglio gioventù alle prese con il lavoro, la carriera, la costruzione del proprio futuro. Ti senti di aver assolto bene ai doveri della vita.

Così ho per lo meno saputo cosa fare: niente chirurgia perché alla mia età certe cose poi si ripresentano e invece terapia del dolore, una specialità che, nella mia ignoranza, non conoscevo (una nuova branca di cui si occupano gli anestesisti pensata per i malati oncologici ma non solo).

Mi sono fatto consigliare a chi rivolgermi (visto che non si parla di un’unghia incarnita) e ho già fatto due doppie infiltrazioni di cortisone nei forami tra L5 e S1 (i forami sono i canali tra le vertebre da cui escono le terminazioni nervose da cui si orginano i nervi e che nel mio caso presentano delle stenosi). Con gli aghi si entra direttamente nel canale spinale. Sono moderatamente ottimista ma non è di questo che volevo parlare.

Gli interventi sono stati fatti da solvente in una clinica in provincia di Firenze: una telefonata con appuntamento telefonico, invio della risonanza con wetransfer e fine della parte burocratica. Pagamento, visita, intervento guidato dalla TAC, dimissione. Costo 250 euro a volta.

Naturalmente, proprio perché potrebbe diventare una cosa ripetitiva mi sto occupando di trasferire il tutto al SSN. Ed ecco i problemi:

  • trattandosi di cose in cui se uno sbaglia non si cammina più c’è un problema di accesso alla informazione. Meglio qui o meglio là? Dove e come ci si può informare perché non è vero che va sempre bene tutto e che il SSN è una garazia dovunque e per ogni cosa.
  • per accedere alla prenotazione serve l’impegnativa; con la impegnativa ti colleghi al CUP regionale e come capita spesso la risposta è che quella prestazione non è prenotabile; allora chiami il CUP telefonico e dopo la tua coda ti rispondono, fornisci il codice della ricetta elettronica e ti dicono che non ci sono posti disponibili in agenda; allora chiami l’ambulatorio, quello da cui eri partito per capire che tipo di ricetta servisse, prendono nota, dicono che è strano e ti mettono in modalità attendere prego … E questa è la mia condizione odierna. Stiamo parlando non dell’intervento prossimo venturo ma della prima visita che serve a mettersi in coda …
  • Sono questi aspetti di inefficienza e burocrazia che trovo assurdi. Il sistema pubblico appare come un pachiderma, lento nel movimento e inefficiente già nel gestire gli accessi. Una grande e costosa macchina che spreca risorse e genera insoddisfazione non solo sul versante dei pazienti. Sempre più spesso sento di medici appassionati del proprio lavoro e interessati ad una carriera scientifica e ad una formazione continua, che lasciano il SSN e cercano strutture associate nel privato e questo finisce per peggiorare la situazione del servizio pubblico. Per inciso, qui in Toscana, per uno scazzo tra Regione e Governo, causa deficit non ripianato, per il 2024 è stata alzata la tassa regionale (nel mio caso di 300 €). Felice di dare il mio contributo se poi però qualcosa mi garantiscono (attualmente tra ticket e prestazioni non garantite sono sui 1500 euro l’anno).
  • E’ una vecchia storia che ho conosciuto nei minimi dettagli nella scuola dove l’ambizioso progetto della autonomia vera, pensato da Luigi Berlinguer nel 1999, si è subito arenato nel sistema nazionale dei concorsi e delle graduatorie, nella impossibilità per i DS di gestire il personale, nella mancata autonomia amministrativa e nella revanche del ministero. L’ultima boutade di Valditara a proposito della scuola di Pioltello che ha osato prendere atto che, stante il tipo di utenza, per la fine del Ramadan bisogna chiudere la scuola è esemplare. E Valditara come un novello inquisitore ci ha dato dentro: anatema, anatema, anatema.

 




Val di Tara, nomen omen – di Roberto Ceriani

Caro Ministro dell’Istruzione e del Merito, questa volta ti dò del tu perché voglio esprimerti la mia solidarietà per gli indegni attacchi che ti stanno facendo alcuni giornalisti, invidiosi della tua alta competenza didattica. Leggo infatti su vari giornali che tu hai giustamente esposto i dati Invalsi sull’apprendimento degli studenti della scuola Iqbal Masih di Pioltello.

Finalmente un bravo Ministro ha il Merito di utilizzare questi preziosi dati che troppo spesso i giornalisti snobbano, come se fossero numeri senza significato. Peccato però che questi infidi giornalisti abbiano tagliato le tue frasi fondamentali, che tu certamente hai pronunciato con grande fermezza, e gli articoli che ne sono usciti esprimano esattamente l’opposto del tuo pensiero, certamente molto più complesso!

Infatti leggo che tu avresti parlato dei “risultati deboli L1 e L2, nella scuola di Pioltello… il 50,5%, mentre la media lombarda è 33,3%…Invece le competenze di alto profilo sono il 49,6% e 66,7% la media lombarda”.

Ma cosa capiscono i giornalisti di L1 e L2? Magari pensano che L1 sia il numero di Lampadine all’ingresso della scuola e L2 quello delle Lampadine nelle aule… Tu invece sai bene che L1 significa “prima lingua” (Italiano) e L2 “seconda lingua” (inglese, francese…). Peccato che per il 43% degli studenti immigrati della Iqbal Masih l’Italiano sia una L2 e l’inglese una L3… A proposito, la tua colf filippina recita Dante e legge Manzoni mentre lava i piatti?

E poi quanto sono ignoranti questi giornalisti! Hanno selezionato le tue illustri Parole di Veritas per metterti in bocca un confronto fra una scuola di immigrati e “la media lombarda”. È come se mettessero a confronto la mia velocità nei 100 metri piani con quella della “media olimpionica”.

Come tu ben sai, sul tuo computer l’Invalsi ti fornisce uno strumento per confrontare anche i dati della Iqbal con quelli delle “altre scuole lombarde con percentuali simili di immigrati”. Tu certamente hai fatto questo importante confronto, ma i soliti giornalisti… A proposito di confronti, sai che i dati Invalsi della Iqbal sono molto simili a quelli di decine di scuole del Sud prive di immigrati? Manderai gli Ispettori anche da loro?

E poi, siamo onesti, cosa significa il “confronto fra gli esiti”? E’ un dato piuttosto rozzo che dice poco sul lavoro fatto nelle singole scuole. Per questo motivo l’Invalsi fornisce a tutte le scuole anche un altro importantissimo dato. Si chiama “Valore Aggiunto della singola scuola”.

È un dato statistico piuttosto complesso, molto usato nelle scuole inglesi, che esprime il contributo didattico fornito dalla specifica scuola ai risultati ottenuti, depurato dai dati di partenza extrascolastici (stato socio-economico medio, livelli di ingresso, condizioni famigliari alle spalle, percentuale di immigrati, ecc.). È un dato di estremo interesse. Tu che lo conosci bene hai certamente notato che alcune scuole in condizioni socio-territoriali difficili forniscono agli studenti un ottimo Valore Aggiunto.

Al contrario capita che alcuni blasonati Licei dei centri urbani forniscano un Valore Aggiunto negativo. Significa che in questi casi la scuola non modifica di una virgola le competenze degli studenti maturate fuori dalla scuola, anzi in alcuni casi le peggiora! Tu certamente ne hai parlato, ma i soliti giornalisti…

A proposito di Licei del centro, molte di queste scuole fanno la stessa cosa che ha fatto la Iqbal: usano gli strumenti messi loro a disposizione dalla normativa sull’Autonomia Scolastica per stabilire un calendario locale. L’unica differenza è che queste scuole aggiungono giorni di sospensione della didattica perché “in quei giorni di ponte gli studenti sono quasi tutti assenti per andare a sciare’.

Di fronte a queste legittime scelte tu giustamente non ti opponi, sapendo quanto è importante lo sport per i nostri figliuoli. Peccato però che i tuoi Ispettori siano un po’ burocratici (ma devi capirli, in fondo sono bravi ragazzi…) abbiano trovato “irregolare” la stessa scelta fatta alla Iqbal per motivi diversi dai campi da sci.

Ma non preoccuparti! A tutto c’è una soluzione! Da ora in poi i campionati di Slalom Gigante verranno chiamati “Discesa sciistica del Ramadan”, così anche i tuoi ragazzotti Ispettori non avranno nulla da ridire…




il re è nudo e la compassione è pelosa

Anche io sono tra quelli che domenica, dopo aver sentito le dichiarazioni di Piantedosi sono saltati sulla sedia e mi sono detto: tu sei il ministro degli interni, non quello degli esteri o la Presidente del Consiglio, a te non spetta il ruolo di dispensatore di buoni consigli ai disperati e nemmeno quello di stringere accordi con gli stati per impedire le partenze, ti spetta invece quello di organizzare l’approdo e poi la identificazione in maniera sicura. Se uno sta annegando non puoi cazziarlo perché non ha fatto dei buoni corsi di nuoto, ti occupi invece di soccorso in mare, di teli termici, di giubbotti di sicurezza.

Ora che il fumo si sta diradando emerge in tutta la sua crudezza il non detto o meglio il non fatto: la filosofia corrente degli ultimi governi accentuata dall’ultimo è quella del disincentivare:

  • rendere difficile il lavoro delle ONG in modo che la raccolta in mare su navi sicure risulti difficile ed onerosa
  • far fare alle ONG dei giri inutili per arrivare a porti sicuri più lontani, in modo che le navi soccorso siano meno presenti quando servirebbe
  • trasformare le operazioni di sbarco da operazioni di soccorso (capitanerie di porto) in operazioni di polizia (guardia di finanza) in modo di incentivare da parte degli scafisti la linea del non farsi vedere costi quel che costi, anche a costo di finire sugli scogli.
  • limitare il soccorso alla conclamata emergenza anziché alla predisposizione di strutture che intervengano sempre e comunque in maniera cautelare

Se si evita localmente il gioco al massacro, mi sta bene che ci sia anche l’intervento nei luoghi di partenza per disincentivare le stesse. Ma quali sono questi interventi? Il blocco in Libia di persone che hanno già attraversato il Sahara partendo dal Sudan o dalla Eritrea o dallo Yemen? Il blocco in Turchia di chi è partito dall’Afghanistan e che è scappato da una situazione in cui è il mitico Occidente ad aver creato 20 anni fa le condizioni che oggi portano alla fuga?

Dunque, OK al contenimento, o al tentativo del medesimo ma sapendo che si tratta di una delle strategie possibili e che serve solo a tentare di tamponare una falla che ha origini epocali e che rinvia ai rapporti di forza economici, sociali e militari su scala planetaria.




Calenda incontra Meloni

Ieri si è tenuto l'incontro tra Carlo Calenda e Giorgia Meloni, un incontro chiesto da Azione-ItaliaViva per presentare al capo del governo gli elementi salienti della contromanovra da loro proposta, un lavoro a saldi invariatoi predisposto da Marattin e pensato per scambiare i rispettivi punti di vista e per verificare la esistenza, sui singoli punti, di margini di trattativa.

Quando l'incontro è srato annunciato la mia reazione è stata del tipo: bene, parlarsi approfondire e po ritrovarsi nei tempi e nei riti della azione parlamentare. Sinceramente pensavo che sarebbe andata così e invece, sia sugli organi di stampa, sia nei dibattiti televisivi è tutto un insorgere, un mettere in guardia, un denunciare.

Alla uscita Calenda ha dichiarato: "È stato un incontro molto positivo, siamo entrati nel merito del provvedimento e abbiamo scorso le nostre proposte: ci sono cose su cui noi assolutamente non siamo d’accordo. Ma abbiamo discusso di un’estensione di impresa 4.0, un tetto al costo del gas al posto dei crediti di imposta, nel dettaglio abbiamo parlato di un aumento degli stipendi dei sanitari, abbiamo detto che va ripristinata Italia sicura, abbiamo fatto un’analisi della situazione del Pnrr, e chiesto di riproporre il Reddito di cittadinanza come Reddito di inclusione. Su molte di queste cose abbiamo trovato un’apertura".

Sono un assiduo ascoltatore dei dibattiti parlamentari, ne ho sentito uno anche stamane, dedicato alla politica verso l'Ucraina, e quando si passa alle tecnicalità parlamentari ne esco sempre con un po' di amaro in bocca per la netta impressione che ciascuno reciti la sua parte e ci si ascolti poco. Il parlamentare parla e propone, il relatore di maggioranza replica dandoo un sintetico parere "favorevole, contrario, favorevole con modifiche, …", poi interviene il rappresentante del governo che molto spesso si esprime così: emendamento 302232 contrario, emendamento 302233 contrario, emendamento 302234 favorevole, emendamento 302235 il governo si rimette all'aula, …

Le cose vanno ufficialmente in questo modo; dietro c'è tutto un lavorio che avviene nelle commissioni, c'è la ricerca di crepe nella maggioranza che consentano di far approvare un emendamento, c'è l'uso accorto dei voti a scrutinio segreto, c'è spesso la riduzione del parlamentarismo a beghe da sottoscala. Le decisioni non sono mai il frutto della discussione ma del lavorio che ci sta dietro e, diciamolo una volta per tutte, è sempre stato così. Il parlamentarismo ha pregi e difetti.

La proposta di Calenda è stata quella di cercare di entrare nel merito, di farsi carico dei rispettivi punti di vista ed ecco allora lo scatenamento dei guardiani della rivoluzione di entrambi gli schieramenti; mi sono particolarmente dispiaciuti per volgarità e agitazione della toga su opposti versanti Alessandro Sallusti e Furio Colombo. Si sa Calenda e Renzi sono Il gatto e La volpe e dunque vai con la strumentalità, con la irritualità, con il non ti fidare. Ma anche altri hanno brillato in poichezza. Anna Ascani, che un tempo rappresentava il nuovo e il riformismo nel PD :" Il Terzo Polo fa da stampella al governo Meloni, ha chiesto i voti per Draghi e adesso li dà alle destre", o gli esponenti di Forza Italia preoccupati per le loro crisi interne e per la irrilevanza.

Un sorriso.